Stampa Romagnola: i segreti dell’antica arte della ruggine
Nel 1910, distratta dalle mode d’Oltre Alpe, l’industria languiva. Giacevano alla rinfusa in oscure bottegucce dei tintori, i legni annosi così profondamente incisi dalla sgorbia e dallo scalpello degli avi.
Con queste parole, Aldo Spallicci – medico, poeta e cultore delle tradizioni romagnole – si riferiva ad una tessitura antica, identitaria di questo territorio: la stampa romagnola. Ecco dunque svelata la prima tappa di questo viaggio tra le arti meno conosciute del nostro bel Paese.
La stampa “a ruggine”, come viene anche chiamata, è tipica di una regione che nell’immaginario comune è un po’ un mondo a parte. Se da un lato la Romagna è infatti all’avanguardia dell’intrattenimento dei giovani, dall’altro è profondamente legata ai capisaldi del retaggio campestre delle sue radici che, oltre ai manicaretti e al liscio, caratterizzano anche tovaglie, strofinacci e grembiuli. Nell’immenso giacimento di tesori artigianali tessili Made in Italy, che affonda le radici nel Medioevo, la stampa romagnola con cui sono spesso decorati occupa un posto di tutto rispetto.
LA TECNICA
Un antico mestiere, tramandato nei secoli attraverso i saperi e i gesti della cultura contadina e presente in molte civiltà in tutto il mondo, fin dagli Egizi. Consisteva in una metodologia semplice ma ingegnosa, un surrogato casalingo per riprodurre gli ornamenti dei più raffinati e costosi tessili aristocratici.
Una tecnica dalle sfumature caratteristiche e un’iconografia ben precisa, che consisteva nel battere il tessuto con stampi imbevuti nelle tinte naturali per poi trattarli con acqua bollente e cenere per fissare i disegni ottenuti. Una procedura che consente, ancora oggi, di vedere perfettamente il disegno anche sul rovescio.
LE MATRICI
Le matrici sono realizzate in pero, legno morbido, molto presente nelle campagne romagnole e adatto all’incisione e ai colpi del mazzuolo. I disegni vengono creati su carta e poi impressi sul timbro, inciso con il sistema xilografico dei caratteri tipici degli artigiani con sgorbie e scalpelli.
Gli stampatori “innovatori” hanno negli anni sperimentato l’impiego di materiali alternativi come gomme e resine, disegnate, intagliate e successivamente applicate sul legno. Sempre nel rispetto delle lavorazioni tramandate da generazioni per garantirne l’autenticità.
I MOTIVI
Un’arte “povera” dai tratti riconoscibili e iconici che, già nel XVII secolo, adornava – spesso con soggetti sacri – le tele utilizzate come gualdrappe per coprire il bestiame.
La fonte di ispirazione principale era la quotidianità del lavoro dei campi, trasfigurata in simboli che oggi sono un grande classico. Fiori stilizzati, beneauguranti cornucopie, baruffe di galletti, brocche di vino, tralci di vite e grappoli d’uva ma anche spighe di grano, pigne, zucche, melograni, tori e farfalle. Negli anni si è poi scelto di assecondare le richieste del mercato, aggiungendo eccezionalmente soggetti dalla tipica iconografia natalizia.
I COLORI
Un tratto distintivo della stampa romagnola è la gamma cromatica, di norma ottenuta con gli ingredienti a disposizione. Il colore più caratteristico è il “ruggine”, generato dal ferro dolce, ossidato con aceto di vino, addizionato con solfato di ferro e legato con farina di frumento. Il verde ed il blu sono gli altri colori maggiormente utilizzati.
I LABORATORI
Le inconfondibili tele romagnole, essendo tuttora realizzate a mano dai laboratori concentrati nelle zone di Cesena e Forlì, sono quindi pezzi unici. Ma le esigenze del mercato sono una tentazione che rischia di banalizzare e defraudare questo gioiello tessile della sua qualità, anche a causa di sleali scorciatoie a cui ricorrono spesso i produttori industriali per essere competitivi.
Si è così creata l’associazione della stampa romagnola che riunisce le principali stamperie che rispettano le procedure tradizionali per tutelare intatto questo patrimonio culturale attraverso un rigoroso disciplinare.
Dal 1997, gli stampatori che operano nelle provincie di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna sono sostenuti anche da CNA e Confartigianato, dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena, dalla Commissione provinciale e regionale dell’Artigianato e Regione Emilia Romagna.
Una tradizione sopita, riscoperta purtroppo soltanto in tempi recenti ma che non ha nulla da invidiare al “toile de Jouy” ( di cui vi abbiamo parlato in questo articolo) e ad altre preziose lavorazioni oltreconfine.
In copertina: il processo di stampa romagnola nel laboratorio Bertozzi, tra le realtà artigiane che tramandano questa antica arte.