Fashion Journal

Stampa Tessile

La bandana oltre l’accessorio: i mille significati del foulard quadrato

“Quadrato di batista di cotone stampato”, semplice: è la bandana! Un accessorio così versatile che è diventato un must have irrinunciabile.

Le origini del fazzoletto quadrato

Bandana di colore rosso con disegni bianchi e neri ed applicazioni del Fondo archivistico Emmanuel Schvili della Fondazione Fashion Research Italy

Affermare che i greci e romani indossassero la bandana è un azzardo, ma è corretto dire che usavano fazzoletti dalla forma e funzioni molto simili.
La prima vera bandana nasce di fatto ai tempi della Rivoluzione Americana per amore di una donna, Martha Washington, verso suo marito, il generale George Washington, la quale pensò di omaggiarlo facendo realizzare dallo stampatore John Hewson un fazzoletto rosso con il suo ritratto a cavallo tra cannoni e bandiere. Un vero e proprio inno all’indipendenza americana.
Bisognerà aspettare gli anni ’50 del XX secolo per ritrovare esempi di bandane dai messaggi politici. Si pensi per esempio a quelle delle campagne di Eisenhower per la presidenza del 1952.
Ma queste bandane non ci sembrano davvero strane rispetto a quelle del nostro immaginario? Effettivamente quando si pensa alla bandana la mente corre a fantasie cachemire e al contrasto di due colori importata dagli Olandesi dall’India verso l’Europa nel Settecento. Il rimando all’India è più che fondato in quanto il termine “bandana” pare derivi dal sanscrito “badhnati” che significa legare. L’Inghilterra e la Scozia diedero vita a un’intensa produzione di tessuti cachemire, aprendo delle stamperie ad hoc.

I significati del foulard negli anni

Due bandane, una di colore rosso ed una di colore blu con motivi cachemire firmate Emmanuel Schvili, conservate dal fondo archivistico a suo nome da Fashion Research Italy
Nel corso del tempo il mitico fazzoletto si è caricato di significati e i suoi usi sono cambiati: durante la Rivoluzione Industriale è divenuto veicolo pubblicitario (la Kellog’s stampò bandane per aumentare le vendite di cereali), strumento per manifestare il proprio amore verso un gruppo musicale o squadre sportive. Successivamente è diventato un simbolo della lotta per i diritti dei lavoratori (i minatori di carbone della West Virginia nel 1921 indossarono bandane rosse per richiedere un trattamento più equo). Durante la Seconda Guerra Mondiale abbellì, invece, i capelli delle mogli rimaste a casa a lavorare nei campi.
La bandana, però, ha rappresentato anche un accessorio identificativo di gruppi come la comunità gay che negli anni ’70 l’aveva assunta a vero e proprio codice di riconoscimento o le gang americane dei Bloods e dei Crips che negli anni ’80 mostravano la loro affiliazione indossando rispettivamente un fazzoletto rosso o blu.
Ma ancora identifica lo stile hip-hop così come quello country derivante dal filone dei film Western. Insomma la bandana continua tutt’ora ad essere presente ed è apprezzata soprattutto dalla cultura giapponese come dimostrano le recenti collezioni dello stilista Hideaki Shikama, che ha creato camicie unendo 24 fazzoletti vintage di colori diversi (SS19) e la realizzazione di un museo ad essa dedicato, l’Elephant Brand Bandana Museum, nell’isola di Kojima.

Anche il Fondo Renzo Brandone ed il Fondo Emmanuel Schvili, custoditi nell’archivio della Fondazione Fashion Research Italy, con la presenza di disegni tessili a tema bandana dimostrano che il tipico pattern ha interessato gli stilisti degli ultimi trent’anni. Sono tutti a disposizione della consultazione per lasciarsi ispirare!


Silvia Zanella
Archive Assistant dell’archivio della Fondazione Fashion Research Italy di Bologna, si è occupata della catalogazione e del condizionamento dei diversi fondi archivistici sin dalla loro costituzione, svolgendo anche attività di formazione sulle tematiche dell’archivistica di moda e dei processi di stampa tessile. Ha conseguito la laurea magistrale in Storia dell’Arte presso l'Università di Firenze e nella medesima città ha svolto uno stage post laurea presso il Museo Salvatore Ferragamo, dove ha collaborato all'organizzazione della mostra Un palazzo e la città, affiancando le attività della Direzione.

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