Dark Lady, un mito in noir
Secondo William Shakespeare la dark lady è la figura femminile, incostante e scura, contrapposta all’ideale petrarchesco della donna angelicata e perfetta, il paradigma rassicurante, che aveva attraversato la poesia e tutte le espressioni artistiche.
Dalla mela avvelenata alla femme fatale: l’archetipo della donna oscura
Il tema di una femminilità ombrosa, sfuggente e pericolosa, potente e indipendente, in realtà attinge ad archetipi antichi, presenti in tutte le culture, in primis la figura di Eva, istigatrice del peccato originale, e poi Dalila e Salomè nell’Antico Testamento. Presente anche nella mitologia, Medea, Circe e Clitemnestra, fino a potenti donne del mondo antico come Cleopatra e Messalina, fornisce spunti alla tradizione fiabesca e soprattutto cartoon nella figura della “Evil Queen”, antagoniste crudeli delle vite delle eroine positive, le principesse costantemente in pericolo e in balia di madri e matrigne negative, Malefica, Grimilde, Medusa, Regina di Cuori, etc…
Le caratteristiche che attraversano i millenni, dall’immaginario alla storia, passando attraverso la letteratura, il teatro e infine il cinema, hanno evidenti tratti in comune. Femmina Alfa carismatica, indipendente e dannata, tanto appassionata quanto anaffettiva, agisce per autoaffermarsi a scapito degli uomini che si frappongono nei suoi intenti delittuosi e cadono nella trappola. Donna ragno, strega, narcisista e manipolatrice, la dark lady trova consacrazione soprattutto nella letteratura romantica e decadente, approdando poi nella settima arte, diventando la prima antagonista femminile in un immaginario dominato dal genere maschile. La dark lady, figura simbolica e protagonista assoluta del genere Noir, cattura il protagonista incauto nella sua trama, lo induce in un labirinto di dannazione, lo istiga a compiere delitti, ma alla fine è inesorabilmente punita e costretta a tornare negli inferi del peccato.
L’icona della dark lady nel cinema
La prima vera diva a codificare i tratti salienti della dark lady è Theda Bara, protagonista del film muto La Vampira, nel 1915 (tuttavia esistono alcuni cortometraggi precedenti, che tratteggiano la figura della femme fatale). La denominazione “Vamp” deriva proprio da questo, una femmina distruttiva, misteriosa, che porta morte e annientamento.
La consacrazione definitiva di questa ammaliante figura avviene dunque nel grande schermo e trova grande spazio e successo nei film “di genere”, noir, horror e soprannaturali. Un filone che si afferma dagli anni ’30 in poi (indimenticabile la figura dell’Angelo Azzurro interpretata da Marlène Dietrich, che riesce ad ammaliare fino a portare alla distruzione un vecchio professore di specchiata moralità) e porta alla ribalta le eleganti e ineffabili manipolatrici dei film polizieschi che si insinuano nelle trame intricate dei misteri per ostacolare il bene e le soluzioni degli enigmi. Finché è stato applicato il codice Hays, è stato garantito un finale moralmente corretto e la dark lady è sempre stata platealmente punita.
Le grandi attrici che hanno incarnato questa figura e ispirato e generato altre declinazioni, sempre en noir, sono caratterizzate da una bellezza algida e raffinata, irresistibile e enigmatica, Joan Crawford, Veronica Lake, Barbara Stanwyck, Lana Turner, Rita Hayworth. Non più soltanto brune, come da tradizione shakespeariana, ma soprattutto biondo platino, a marcare il contrasto tra un’immagine angelica e luminosa e l’anima nera e diabolica che celano dietro l’apparenza . La dark lady è sempre elegante, impeccabile, snella e maniacalmente curata nell’aspetto, una strega chic, incantatrice, dall’aspetto dannatamente attraente.
Winona Ryder, Helena Bonham Carter e le altre: le muse noir di Burton
Anche nel genere horror, che attraversa mitologia, narrativa e naturalmente Cinema, sono frequenti figure femminili diaboliche e oscure, che generano inquietudine e senso di pericolo, attingendo al soprannaturale, al mistero che fa paura, al mondo di mezzo insondabile tra la vita e la morte. Le dame tenebrose qui hanno tratti marcati e ipertrofici, capelli lunghissimi, soprattutto neri come ali di corvo, carnagione diafana, occhi scuri e penetranti, silhouette allungata e lineamenti spigolosi. L’insieme dei codici estetici che attraversano questo filone del brivido caratterizza buona parte delle opere di Tim Burton, opere sicuramente e non solo pellicole, che hanno nobilitato i celebri B-Movie, ormai essi stessi oggetti di culto. Le sue muse noir hanno accompagnato la grande e irripetibile carriera del cineasta statunitense, hanno contribuito a cristallizzare l’iconografia dell’eroina nera. Winona Ryder, Eva Green, Helena Bonham Carter, Jeanne Ortega, e Lisa Marie, che nello straordinario film “Ed Wood”, un omaggio al bistrattato horror del “regista peggiore di tutti i tempi” interpreta la leggendaria attrice dark Maila Nurmi.
L’ultima dark lady, oggi compagna del geniale regista, è Monica Bellucci, splendida figura che proviene al mondo ultraterreno, con la sua bellezza magnetica senza tempo, del film “Beetlejuice Beetlejuice”, piena di cicatrici, che riempie la scena con l’iconico stile “goth” , rigorosamente e classicamente nero.