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Fashion Journal

Archivi Moda

Il caleidoscopico Archivio Missoni

La storia della firma leader nel settore della maglieria di lusso inizia a Londra con l’incontro tra Ottavio Missoni e Rosita Jelmini. Coppia di successo sul lavoro come nella vita privata, nel 1953 fondano la maison che come prima sede avrà uno scantinato Gallarate. Nel 1958 presentano a Milano la prima collezione e di lì a poco, grazie anche al supporto di Anna Piaggi – editor della rivista Arianna – si avviano verso l’inarrestabile successo internazionale.

Con i Missoni, il knitwear diventa moda e arte applicata. Grazie ad un costante lavoro di ricerca e sperimentazione ne propongono un’interpretazione innovativa caratterizzata da una molteplicità di fantasie e texture dall’unicità e contemporaneità eccezionali. Un’ipertrofia di colori, simmetrie, materiali e tecniche che si fondono in infinite combinazioni come in un caleidoscopio. Non è un caso che un primo percorso narrativo sulla loro lunga e fortunata avventura, allestito nel 2006 a Palazzo Attems-Petzenstein a Gorizia, fu intitolato proprio “Caleidoscopio Missoni”.

Questo fil rouge viene oggi portato avanti da Luca Missoni – direttore artistico dell’archivio, con cui facciamo due chiacchiere in vista di incontrarlo in aula a fine marzo. L’archivio storico Missoni sarà infatti protagonista del project work finale della nuova edizione del corso Archivi della moda.

Com’è nata la Fondazione Ottavio e Rosita Missoni e la necessità di un archivio?

Per la costituzione dell’Archivio Missoni, quella prima mostra ha rappresentato un punto chiave e di svolta. In quell’occasione è nata l’esigenza di avviare una gestione archivistica che non fosse esclusivamente legata alla conservazione dei capi delle collezioni stagionali. Si è infatti messa a fuoco la necessità di tener conto anche del variegato panorama storico e culturale che, insieme a capi ed oggetti, ne sostanzia il contenuto artistico. Abbiamo così vagliato i numerosi materiali studiandoli anche sotto questa prospettiva e non solo rispetto al peso ricoperto nella storia aziendale.

Dal riconoscimento della valenza artistica del lavoro dei miei genitori, nel 2008 è nata la Fondazione Ottavio e Rosita Missoni. Il suo obiettivo è di valorizzare la creatività italiana, intesa come capacità artistica e artigianale, attraverso la gestione delle loro opere. Mostre, eventi culturali, convegni di studio, ricerche, pubblicazioni, attività didattiche e divulgative, in Italia e all’estero, in collaborazione con enti, istituzioni ed organi competenti nel campo tessile e moda.

Azienda e Archivio vivono un virtuoso rapporto di collaborazione mettendo reciprocamente a disposizione materiali e risorse per la ricerca creativa e la comunicazione.

Com’è organizzato e ordinato il vostro archivio storico? A chi si rivolge?

Ogni progetto espositivo porta ad un’evoluzione anche in termini di organizzazione. Nel 2015, per la mostra “Missoni, l’Arte il Colore” ospitata al Museo d’Arte di Gallarate, abbiamo effettuato un lavoro di ricognizione sull’archivio molto importante che ci ha permesso di cambiare il nostro modo di catalogare gli abiti e gli accessori. Dovevamo, per l’occasione, effettuare una selezione dei capi che sarebbero andati sui cento manichini, parte integrante della mostra. Abbiamo deciso così di fotografare i capi come look completi, producendo così circa 2500 immagini. Da quel momento abbiamo scelto questo procedimento come prassi di acquisizione fotografica (stesso set, stesso manichino, stessa luce) dei materiali già in archivio e man mano acquisiti.

L’obiettivo che anima la gestione e l’implementazione dell’archivio è rendere il contenuto fruibile dal pubblico esterno e non solo dagli addetti ai lavori. L’Archivio Missoni, infatti, non ha una valenza meramente conservatrice ma anche e soprattutto esperienziale, in quanto portatore di un elemento storico di grande valore per chiunque voglia studiare e comprendere un periodo della moda e del design Italiano particolarmente significativo anche sotto l’aspetto socio-culturale. Grazie alla produzione di libri e mostre, oltre che supportare la creatività dell’azienda, si può far conoscere l’importanza nella storia del design che il nostro brand ha avuto.

Che ruolo ha la digitalizzazione?

Disponiamo di un programma archiviale, principalmente rivolto ai reparti di comunicazione e stile, che permette ai vari uffici interni di reperire facilmente informazioni finalizzate alla ricerca e allo sviluppo di nuovi progetti. Ma l’obiettivo a cui da anni stiamo lavorando è rendere maggiormente accessibile in rete il contenuto dell’archivio fisico – esistente da circa quarantacinque anni, con l’obiettivo di offrire un’informazione organizzata agli interessati al ‘mondo Missoni’.

Quali sono i criteri di selezione dei capi? Dopo quanto tempo vengono archiviati?

Il ciclo è stagionale: il capo sfila, partecipa al campionario di vendita e, fino alla fine della stagione, rimane a disposizione per scelte redazionali e sfilate promozionali. Per ciascuna collezione conserviamo quindi i capi e gli accessori che sono stati protagonisti delle nostre strategie di comunicazione e di vendita.

Sono poi varie le ragioni per cui decidiamo di tenere un elemento piuttosto che un altro. Ci sono ad esempio dei capi che non arrivano alla produzione ma rimangono come prototipi per la sperimentazione oppure altri frutto di progetti speciali. Nel 2016, adattando alcuni abiti della collezione estiva, ci siamo occupati della creazione dei costumi per L’Orfeo. Un’opera teatrale di Claudio Monteverdi andata in scena in Giappone nella suggestiva cornice di un tempio storico di Kamakura. O ancora, la mostra sui 100 anni della Rinascente, tenutasi a Palazzo Reale nel 2017. La Rinascente ha scritto negli anni capitoli importanti della storia del costume, della comunicazione e della grande distribuzione e ha rappresentato un trampolino di lancio per la moda creativa di Missoni. Nella sala dedicata al prêt-à-porter italiano, grazie alla nostra documentazione archiviale e alla memoria viva di mia mamma, abbiamo replicato gli abiti che erano stati venduti nella primavera del 1958, riallestendo con grande soddisfazione la loro prima vera e propria vetrina. Ultimo in ordine di data il libro artistico “MISSONI. La Grande Moda Italiana”, curato da Massimiliano Capella per la casa editrice Scripta Maneant.

L’Archivio Missoni ha una nuova casa. Avete apportato cambiamenti significativi al workflow?

Il trasferimento nella nuova sede è avvenuto a seguito di importanti cambiamenti aziendali a livello strutturale e organizzativo. Il nuovo ambiente è più accogliente e meglio strutturato per la ricerca e la formazione. I workflow sono stati aggiornati in accordo con le nuove realtà aziendali che considerano l’Archivio la nuova tesoreria del DNA del marchio. La direzione che si è presa va verso l’utilizzo di nuove tecnologie per potenziare la vocazione comunicativa e narrativa dell’Archivio e dell’Arte in esso custodita. L’obiettivo è quello di coinvolgere un’utenza più diffusa in un’esperienza immersiva di storytelling tra Moda, Design e Arte, con narrazioni che coinvolgano i sensi e valorizzino l’Heritage di un brand che ha alle spalle 70 anni di storia.


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