Fashion Journal

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Vestiamoci alla marinara

Avventuriere ribelli o fashion victims? Lo stile navy mette tutti in “riga” e in tendenza

Spesso i grandi classici, che tornano ciclicamente più o meno rivisitati, sono frutto di rivisitazione di un capo d’antan che affonda le radici nel passato. L’aura di perbenismo che lo stile marinaro evoca rispolvera memorie di fine Ottocento, quando Edoardo VIII bambino venne ritratto in uniforme navale, casacca con colletto squadrato e chiuso da un fazzoletto, pantaloni svasati e cappello da marinaretto.

Non poteva sapere il giovanissimo rampollo che la moda involontariamente lanciata attraverso il suo fortunato ritratto avrebbe contagiato rapidamente l’abbigliamento infantile dell’aristocrazia, ma soprattutto questo era solo il segno che da adulto sarebbe diventato icona e punto di riferimento dell’eleganza maschile. Lo stile navy dunque dalla seconda metà dell’Ottocento in poi è sinonimo di appartenenza all’alta società, ma come altre mode nate in quel periodo aveva tratto ispirazione dalle uniformi militari. Qualche decennio più tardi Coco Chanel, capofila dell’emancipazione femminile partendo dalla liberazione delle costrizioni dell’abbigliamento, saccheggiava il guardaroba dei militari per vestire le sue audaci signore.

La indossa per la prima volta nel 1913 interpretando in chiave femminile la tradizionale maglia “bretone” , elevandola a capo simbolo dell’eleganza “balneare”. Probabilmente l’aveva vista indossata dai pescatori, cacciatori miti del mare. Per il suo fascino scanzonato e per la sua praticità diviene, nel decenni a seguire, un classico, amatissimo dalle donne di tutto il mondo, passando attraverso le mise delle grandi dive.

L’ultima iconica apparizione della marinière che ha fatto il giro del mondo recentemente è legata al messaggio che la Principessa del Galles Kate Middleton ha affidato ai media per comunicare il suo temporaneo congedo dalle scene pubbliche per i suoi ormai noti problemi di salute. Indossare un capo pratico (e chic) sicuramente è stato un gesto per esprimere vicinanza e affetto verso i sudditi (e fan).

Una lunga storia “a strisce”

Durante il periodo Napoleonico l’uniforme dei navigatori francesi comprende una camicia bianca, detta Bretone, con ventuno fasce blu, simboleggianti le vittorie di Napoleone, ma le righe appartenevano già da molto tempo alla divisa dei marinai, probabilmente per individuare meglio gli uomini che cadevano accidentalmente in mare.

Andando tuttavia indietro nei secoli i vestiti a righe erano la caratteristiche delle persone emarginate dalla società (nomadi, prostitute, ergastolani, giocolieri). Durante il Medioevo Occidente i tessuti rigati erano addirittura considerati diabolici, e i codici visuali avendo influenzato profondamente società per molti anni hanno destinato le righe a reietti e gente di malaffare.

Le righe poi attraversano fasi di “riabilitazione”, pur mantenendo una essenza ribelle, adottate anche dai rivoluzionari francesi, dai marinai di tutto il mondo, dai pirati, dai gondolieri, dalle prostitute che indossavano calze a righe per attirare gli avventurieri del mare. Illuminante e interessante, a proposito della parabola della dannazione di questo iconico motivo il saggio di Michel Pastoureau dedicato alla simbologia e storia dei tessuti rigati “La stoffa del Diavolo. Una storia delle righe e dei tessuti rigati”.

Le regole della marinière

Un decreto ufficiale del 1858 introduce nella lista ufficiale delle tenute da marinaio della Marine Nationale il tricot “rayé bleu indigo et blanc” descrivendo le sue caratteristiche tecniche: «Il corpo della camicia dovrà contare 21 righe bianche, ognuna due volte più larghe delle 20 o 21 righe blu indaco».
Un’autentica marinière deve prevede: sul torso e sulla schiena 20 righe blu indaco larghe 10 millimetri, distanziate di 20 millimetri, e sulle maniche 14 righe blu indaco larghe 10 millimetri, distanziate di 20 millimetri.
Le maniche lunghe di tre quarti e il suo collo svasato monta alla base del collo.

Righe alla moda

A Coco Chanel va il merito di avere nobilitato un capo militare e da lavoro, facendolo diventare chic e aristocratico, da portare su gonne e pantaloni, pratico e confortevole. Anche i primissimi costumi da bagno negli anni ’20-’30, agli albori della moda della vacanza balneare, avevano questo pattern, con chiaro riferimento allo stile marinaro. Tra le grandi personalità della cultura che amano le righe resta indimenticabile Pablo Picasso.

Anche il Cinema non è lasciato sfuggire l’occasione di consacrare questo capo sbarazzino e attraente. Simbolo dell’attitudine nonchalant della Nouvelle Vague anni ’60 il ruvido capo marinaresco diventa feticcio di fascino innocente e conturbante al tempo stesso. Scese a terra le più celebri “mariniére” del cinema sono affidate alle dive francesi. Memorabile il cult movie Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean Luc Godard, in cui Jean Seberg appare sullo schermo con maglia a righe, capelli cortissimi e pantaloni maschili, dando vita a un inconfondibile stile balneare da Costa Azzurra, ma le righe contagiano anche Jeanne Moreau in Jules e Jim (1962) di François Truffaut, Brigitte Bardot nel film Il Disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard, Anna Karina in La calda pelle (1964) di Jean Aurel. Nel frattempo questa moda salpa oltre oceano e conquista Hollywood e il mondo della musica.


Alessandra Lepri
Giornalista e comunicatrice, con una laurea in Filologia Romanza nel cassetto, ha scritto per riviste internazionali specializzate destinate al trade e curato rubriche sulle tendenze di Moda. Ha intervistato i grandi protagonisti del settore dagli anni Novanta ad oggi, per magazine, emittenti tv e radio e insegnato nelle più importanti scuole di Moda italiane. Attualmente cura la Comunicazione e Ufficio Stampa per uno storico brand di accessori. È appassionata di abiti con la spietata attitudine di una “serial shopper”.

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