Fashion Journal

Stampa Tessile

Il pareo, l’accessorio (genderless) dell’estate

Una striscia rettangolare di tessuto avvolto attorno al corpo, dall’aspetto contemporaneo ma dalle origini antiche quanto l’umanità: parliamo oggi del pareo. Ad ogni stagione torna puntuale a completare gli outfit da spiaggia, ma il suo ingresso nel guardaroba delle vacanze risale alla seconda metà degli Anni Trenta.

L’esordio hollywoodiano con Dorothy Lamour

Come spesso accade nelle storie degli abiti, è stato il Cinema il primo ad introdurre coloratissimi pareo, interpretati al femminile secondo l’estro e la fantasia del momento. Nella Walk of Fame di Hollywood non potevano infatti mancare le impronte di Dorothy Lamour, resa immortale da film avventurosi ambientati nei Mari del Sud. Esordisce nel 1936 in The Jungle Princess fasciata da un sarong, per poi legarsi indissolubilmente a questo filone di pellicole l’anno successivo con il più fortunato The Hurricane di John Ford. L’affascinante diva interpreta il personaggio di una donna avvenente, un’eroina dotata dell’esotismo patinato ed edulcorato secondo i canoni hollywoodiani. Scalza, scarmigliata ad arte con un fiore tra i capelli e i suoi immancabili sgargianti pareo che le fanno aggiudicare il soprannome di “Sarong Queen”, icona della bellezza indigena.

Passando da un set tropicale all’altro, questa forma genderless di velatura del corpo diventa un copricostume occidentale. Un complemento pratico e divertente da decenni ormai interpretato in chiave glamour da numerosi stilisti e brand specializzati nel beachwear.

Dorothy Lamour tuttavia non è stata la pioniera del pareo polinesiano alla ribalta internazionale. Paul Gauguin aveva già immortalato le splendide native di Tahiti con questo tipico costume. L’artista morì nel 1903, quando la moda delle ferie balneari non era ancora entrata nelle abitudini, ma i pareo indossati dalle donne dei suoi dipinti assomigliano a quelli di oggi. Caratterizzati da macro stampe che riproducono fiori tropicali, sono annodati attorno al punto vita o avvolti fino al collo o, addirittura, avviluppati attorno al cavallo a ricreare una sorta di ampio perizoma. Usati indifferentemente da uomini e donne.

Dai sarong ai kikoi

Il termine “pāreu” è di etimo incerto ed è stato tramandato probabilmente dai primi esploratori. Anche se prima dell’arrivo degli europei non esisteva il tessuto di cotone e dunque la stoffa con cui erano realizzati era ottenuta dalla battitura della corteccia d’albero.

Il sarong, di origine malese e di probabile matrice indiana, è praticamente identico ed è un capo che caratterizza i costumi dei paesi caldi. Realizzato in seta o in cotone stampato è declinato nei materiali, nei colori, nelle fantasie e nel modo di annodarlo a seconda delle culture. Questo tipo di pareo è infatti diffuso soprattutto nell’arcipelago della Malaysia, ma anche in tutto il Sud Est Asiatico, nel Corno D’Africa e nelle isole del Pacifico. I sarong inoltre, per la loro versatilità, sono anche utilizzati come elementi di arredo, scialli, o marsupi primordiali per portare i bambini.

Nell’Africa orientale il pareo femminile è invece denominato kanga. In cotone leggero, stampato con motivi astratti o stilizzati e contiene spesso una frase beneaugurante in lingua swahili. Se in tessuto più consistente, prende il nome di kitenge. Il kikoi, generalmente maschile, è invece realizzato in cotone a tinta unita, con bordi a contrasto intessuti e frange.

Il viaggio attorno al mondo è interminabile e si perde in mille termini tradizionali. Cambiano le parole, le fibre e i decori, ma resta intatto il fascino di culture lontane che influenzano il nostro vestire.
Esistono in commercio rare guide dei modi per annodare un pareo in modo inedito, ma l’ingrediente principale resta la creatività con l’aiuto di qualche piccolo supporto, come spille o fibbie. Non facevano così anche gli Antichi Romani? Ma questa è un’altra storia…

In copertina, un pareo firmato dallo studio di disegni Tucano by Beppe Spadacini attorniato da disegni del nostro archivio di textile design. Un tuffo tra le isole del pacifico con gli immancabili riferimenti tropicali che l’estate porta con sè.


Alessandra Lepri
Giornalista e comunicatrice, con una laurea in Filologia Romanza nel cassetto, ha scritto per riviste internazionali specializzate destinate al trade e curato rubriche sulle tendenze di Moda. Ha intervistato i grandi protagonisti del settore dagli anni Novanta ad oggi, per magazine, emittenti tv e radio e insegnato nelle più importanti scuole di Moda italiane. Attualmente cura la Comunicazione e Ufficio Stampa per uno storico brand di accessori. È appassionata di abiti con la spietata attitudine di una “serial shopper”.

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