Fashion Journal

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Jeans, la tela della rivoluzione

Democratici e universali, simbolo dell’America ruggente, oggi parliamo dei leggendari blue jeans. Come tutti gli italiani di successo sbarcati nel nuovo mondo in cerca di emancipazione, hanno varcato l’oceano per poi entrare nel mito.

Il denim della rivoluzione

Eternamente giovani ma antichi per origine, seduttivi e sfrontati per la loro sfacciata esibizione del corpo, i blue jeans sono stati una bandiera di protesta.

Garibaldi sbarcò a Marsala con un paio di comodi pantaloni “blu di Genova”, gli stessi che indossavano i marinai del porto. Erano in robusto tessuto “Serge de Nîmes”, la città in cui si produceva questo tipo di cotone, fatto di fili ritorti bianchi e blu, rigato a effetto diagonale, l’attuale “denim”. Anche i patrioti italiani parteciparono alla spedizione dei Mille per coronare il sogno dell’unificazione dell’Italia, partendo dal celebre scoglio di Quarto in blue jeans. I blue jeans di Garibaldi sono dunque simbolo di rivoluzione, esposti nel Museo Centrale del Risorgimento a Roma.

Da Levi Strauss agli stilisti

La fortuna e diffusione planetaria dei jeans è avvenuta nella seconda metà del 1800. Si deve ad un giovane emigrato bavarese di nome Levi Strauss, che li ha fatti “emigrare” e industrializzati. Il venditore ambulante realizzava resistenti capi per i minatori utilizzando il robusto cotone di “denim”, completandoli con rivetti di metallo per proteggere i punti più soggetti a usura (le tasche e la chiusura, rigorosamente con i bottoni).

Il resto è mito, leggenda particolarmente longeva, ma soprattutto Moda. I jeans infatti rappresentano l’essenza della vita moderna. Sono il capo più democratico che esista e l’oggetto cult che più di ogni altro ha fatto una scalata sociale verticale, dalle fatiche del porto di Genova alle passerelle dei più importanti stilisti.

Le trasformazioni

Pur mantenendo la sua anima rude, questo tessuto versatile e leggendario nel corso degli anni si è trasformato come capo o accessorio di moda. Ha attraversato generazioni, liberandosi dai confini della “moda giovane” che lo aveva caratterizzato negli anni’60, quando era icona delle contestazioni degli studenti.

Nel 1905 ai jeans fu aggiunta la seconda tasca posteriore, mentre i passanti per la cintura sarebbero stati applicati nel 1922 e nel 1926 la pratica «zip» affiancò i tradizionali bottoni (i puristi accettano solo jeans abbottonati). Le originarie bretelle, tipiche dell’abbigliamento da lavoro, vennero definitivamente abolite nel 1937. Nel 1935 viene lanciato anche il primo jeans da donna, ma la consacrazione definitiva dei jeans al femminile avverrà nel 1954, grazie alla protagonista del film La magnifica preda di Marylin Monroe.

Oggi troviamo sul mercato, realizzati con la tela di Genova, cappelli, orologi, sabot, hit-bag, gonne e camicie.

Genova Jeans

Giunta alla terza edizione, la manifestazione Genova Jeans, è stata voluta da CNA per omaggiare la città da cui il mito è partito e valorizzare le produzioni delle aziende italiane. Tre giorni di manifestazione aperta al pubblico che tingerà di blu il centro storico, fino al prossimo 8 ottobre. Ci sarà esposizione collettiva presso il Jeans Lab di via Pre’ per culminare nel Fashion Live Show in piazza dei Truogoli di Santa Brigida.

A Genova Jeans hanno aderito brand da tutta Italia, che hanno voluto portare in città la loro interpretazione del jeans attraverso capi, accessori e tavole tematiche, coinvolgendo anche l’Accademia di Belle Arti di Macerata.
Un “set a cielo aperto” con la direzione artistica di Roberto Corbelli e la regia di Alex Leardini.


Alessandra Lepri
Giornalista e comunicatrice, con una laurea in Filologia Romanza nel cassetto, ha scritto per riviste internazionali specializzate destinate al trade e curato rubriche sulle tendenze di Moda. Ha intervistato i grandi protagonisti del settore dagli anni Novanta ad oggi, per magazine, emittenti tv e radio e insegnato nelle più importanti scuole di Moda italiane. Attualmente cura la Comunicazione e Ufficio Stampa per uno storico brand di accessori. È appassionata di abiti con la spietata attitudine di una “serial shopper”.

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