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Fashion Journal

Stampa Tessile

Bellezze al Bagno: alla scoperta della storia del bikini

Costumi da bagno e lingerie sono lo specchio delle abitudini e della concezione del corpo, della morale, della cultura e, perché no, della religione. Si esce allo scoperto, soprattutto in spiaggia, rivelando parti del corpo non ammesse nella vita quotidiana, in un contesto dove la loro esposizione è consentita dal dress code (dal quale, dichiarato o no, siamo sempre tutti condizionati). Nella sfera femminile l’ossessione del corpo e della sua esaltazione o nascondimento è particolarmente forte. Ostentato grazie alle sottrazioni graduali di tessuto o al contrario velato completamente, secondo i diktat di alcuni precetti religiosi integralisti.

Il primo bikini della storia

Un fatto curioso fu la scoperta degli splendidi mosaici della Villa Romana del Casale a Piazza Armerina negli anni ‘50. In questa straordinaria testimonianza archeologica, risalente probabilmente al IV secolo d.C., tuttavia non sono rappresentati gli antesignani di antichi costumi da bagno. Le famosissime “fanciulle in bikini” in realtà non sono turiste della tarda classicità (nell’antichità non faceva parte delle abitudini la vacanza balneare così come la intendiamo oggi), ma sono atlete che si stanno allenando. La presenza di esigue strisce di tessuto a coprire le pudenda rivela quindi soltanto un intento blandamente moralizzatore, poiché nel mondo classico, per estrema praticità imposta dalle discipline sportive si praticava la nudità.

La società può essere interpretata in base a quello che mostra, ma si lascia comprendere ancor meglio attraverso quello che nasconde – Daniel Roche

Le origini del Bikini? Una vera bomba!

Il bikini ha abbondantemente superato il giro di boa dei settant’anni, ma il tempo non ha scalfito l’irresistibile fascino mitico che fece esplodere lo scandalo alla sua prima apparizione in pubblico. Se c’è ancora chi ricava l’etimologia del nome dal prefisso che pare alludere alla sua anima “divisa a metà”, deve sapere che l’iconico costume da bagno, composto da uno slip e da un reggiseno nacque nella primavera del ’46 dalla fantasia di Jacques Heim. Per la sua nuova proposta lo stilista scelse il singolare nome di “Atome”, consapevole di avere creato un capo deflagrante come una bomba. Un inquietante presagio dell’ordigno nucleare che gli Stati Uniti avrebbero fatto esplodere nel Pacifico, su di un atollo nelle isole Marshall chiamato Bikini, il primo luglio dello stesso anno. A contendersi la paternità dell’idea con Heim anche lo stilista Louis Réard. Pressoché sconosciuto, battezzò il suo audace due pezzi proprio “Bikini”, il 5 luglio 1946 a Parigi, in occasione dell’elezione di “Miss Nuotatrice”, un concorso di bellezza allestito a bordo di una piscina.

Lo scandalo esplose davvero. I primi modelli erano realizzati in tessuto o all’uncinetto, e denunciavano ancora lo stretto legame con la lingerie, di cui rappresentavano l’omologo da spiaggia. Lo Star System hollywoodiano se ne impossessò ben presto, inducendo le dive in erba a posare in bikini per attirare l’attenzione. Anche le spiagge italiane si riempirono ben presto di esuberanti bellezze dalle forme burrose imprigionate nelle corazze di tessuto pesante o di lana realizzate dalle bustaie e dalle sarte. Ma l’Italia bacchettona del dopoguerra puniva con contravvenzioni l’esibizione dei pochi centimetri di ventre che rivelavano l’ombelico.

Con l’introduzione della lycra negli anni Sessanta i costumi da bagno divennero più confortevoli, aderenti e soprattutto si asciugavano rapidamente. Da allora si trasformano stagione dopo stagione seguendo le onde della moda, con la costante caratteristica della riduzione progressiva. Questo affascinante percorso di reiterate sottrazioni di tessuto ha successivamente esasperato l’attitudine femminile alla provocazione, scoprendo sempre più il corpo. Come la moda del topless (chiamato erroneamente “monokini” usando la falsa etimologia del termine originario) o del tanga. Ma questa è un’altra storia…


Alessandra Lepri
Giornalista e comunicatrice, con una laurea in Filologia Romanza nel cassetto, ha scritto per riviste internazionali specializzate destinate al trade e curato rubriche sulle tendenze di Moda. Ha intervistato i grandi protagonisti del settore dagli anni Novanta ad oggi, per magazine, emittenti tv e radio e insegnato nelle più importanti scuole di Moda italiane. Attualmente cura la Comunicazione e Ufficio Stampa per uno storico brand di accessori. È appassionata di abiti con la spietata attitudine di una “serial shopper”.

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