Archivi prodotto: scrigni di ispirazione per i designer di domani
Moda e prodotto: un connubio indissolubile.
Quando pensiamo al mondo del fashion, una delle prime cose che ci sovviene sono senza dubbio i capi o gli accessori ovvero ciò che il brand realizza concretamente. Questi materiali vengono conservati dagli uffici stile ed entrano a far parte dell’archivio prodotto. Eppure esso è solamente una parte dell’archivio di un’azienda. Ogni dipartimento, infatti, nel corso della sua attività quotidiana, produce documenti che concorrono a testimoniare e raccontare l’impresa.
PER UNA DEFINIZIONE DI ARCHIVIO PRODOTTO
L’archivio prodotto si può definire come “il complesso dei documenti prodotti da un’impresa, pubblica o privata, durante l’esercizio della sua attività istituzionale” (Giorgetta Bonfiglio-Dosio, 2012).
All’interno di un’azienda spesso erroneamente si definisce archivio ciò che correttamente si identifica come una serie archivistica ovvero una serie di documenti omogenei. In un archivio d’impresa avremo la serie archivistica contabile, quella della gestione del personale, del settore commerciale, del settore tecnico (controlli di qualità, prototipi, ecc.), dell’amministrazione (beni patrimoniali, affari legali, assicurazioni, ecc.) e del prodotto.
Non bisogna lasciarsi ingannare dalle diciture abbreviate come “archivio prodotto”: non sono archivi a parte, ma serie di un complesso più ampio che è quello aziendale.
L’IMPORTANZA DI CONSERVARE
Nelle aziende di moda il prodotto dell’attività quotidiana sono le collezioni e quindi i capi o gli accessori. Mantenere la memoria dell’estro creativo dell’ufficio stile è basilare per il domani. In primis per ricordarsi i temi su cui si è lavorato, le ricerche che si sono condotte, i risultati raggiunti in termini di materiali, tagli, linee; in secundis per le nuove generazioni di stilisti che entreranno nelle maison e avranno elementi in più per conoscerne la storia, poter entrare in sintonia con lo stile che le contraddistingue e per creare nuovo prodotto con richiami al passato o ad esso ispirato.
Sempre più sono in voga le cosiddette heritage collection. Il prodotto, come afferma Bilotto, “rispecchia i percorsi imprenditoriali, le continuità e le cesure” (Diego Robotti, 2012). Studiarlo diventa strategico sia per il personale interno al brand sia per gli studiosi della storia della moda e del costume.
L’ARCHIVIO PRODOTTO COME PARTE DELL’ARCHIVIO D’IMPRESA
Chiaramente un archivio prodotto narra una storia ben più ampia se si conserva tutta la documentazione di corredo che è servita a produrlo ovvero tutti i documenti amministrativo-contabili. Ricordiamo che esso in realtà è una serie archivistica del ben più grande archivio d’impresa.
Purtroppo chi vive all’interno dell’azienda soventemente non avverte il legame forte, il vincolo archivistico, che connette materiali così fisicamente distinti e si sceglie di conservare sono il prodotto. Tuttavia lo storytelling che potrebbe ricostruirsi, unendo dati che si reperiscono da bozzetti, schede tecniche, fatture con i nomi dei fornitori, editoriali e fotografie di campagna, unitamente al capo o accessorio finito, avrebbe una completezza considerevolmente maggiore rispetto a quello che si può estrapolare solamente dal prodotto.
UN FILESYSTEM NON è UN ARCHIVIO
Sia la serie archivistica che deriva dall’ufficio stile (il prodotto) sia quella che scaturisce dall’ufficio amministrativo (documenti amministrativo-contabili) sono accomunate dall’aspetto fisico del loro contenuto. Ci troviamo davanti a carte, faldoni, tessuti, capi, disegni e così via. Questa puntualizzazione è fondamentale perché non di rado nell’era digitale ci si convince che una semplice scansione dei documenti o un’archiviazione in cartelle di fotografie sia un archivio.
Ebbene non è così.
Un filesystem non è un archivio. Esistono archivi digitali ma devono rispondere a caratteristiche e regole ben definite. Prima fra tutte la natura del documento: essa è digitale. Ciò significa che il documento nasce in digitale. Questo comporta il portarsi dietro tutta una serie di problemi legati alla poca stabilità del mezzo. Infatti, tali documenti sono facilmente modificabili e non sempre si tiene traccia delle modificazioni che vengono attuate (riduzione delle dimensioni, conversione da un tipo di file a un altro). Inoltre, i supporti diventano velocemente obsoleti (hardisk, cd, ecc.).
Torna quindi importante sottolineare che avere un archivio prodotto non significhi conservare le schede tecniche digitali né le fotografie scansionate dei capi e nemmeno accatastare in una stanza qualche abito di collezione.
Purtroppo i ritmi serrati di produzione, la poca sensibilità o lungimiranza nel considerare come valore ciò che si è realizzato, portano in molti casi le aziende a conservare poco e male il frutto del loro duro lavoro. È pur vero che non si può conservare tutto: sicuramente bisogna effettuare un’accurata selezione dei capi più iconici o rappresentativi di ogni sfilata o della prima linea, quindi dettare una linea nella scelta, inventariare e catalogare gli oggetti nonché conservarli in modo idoneo affinché il tempo non li deteriori.
L’archivio di FRI raccoglie diversi fondi archivistici: il Fondo Renzo Brandone e il Fondo Emmanuel Schvili.
Entrambi rappresentano gli “archivi prodotto” di imprese oggi non più attive. Nel primo caso, oltre al prodotto (30.000 disegni tessili su carta e su tessuto), si conserva anche parte della documentazione correlata che permette la ricostruzione della vita dell’azienda in modo più completo. Nel secondo caso, i signori Schvili hanno donato alla Fondazione parte del loro archivio prodotto consistente in bozzetti e capi rappresentativi della loro attività.
ARCHIVI PRODOTTO COME FONTE DI CREATIVITA’
Così come il concetto di archivio si è evoluto nel tempo da tesoro per i romani a espressione della produzione di un’attività al più contemporaneo mezzo di ricerca così ci auspichiamo che gli archivi prodotto possano diventare da magazzini di raccolta a fonti di creatività.