Prove di unità per la moda italiana
A Pitti si è celebrato il patto di filiera che ha dato vita a un’unica associazione di settore, superando le barriere esistenti e mettendo al centro il “saper fare” italiano.
Il prossimo governo dovrà confermare il supporto al made in Italy
All’apertura di un’edizione Pitti Immagine Uomo rivelatasi poi tra le migliori degli ultimi anni, la moda italiana ha espresso la propria determinazione nel fare squadra. I vertici delle associazioni produttive e della politica hanno infatti evidenziato quanti sia necessario confermare, anche nella prossima legislatura, quel patto di filiera grazie al quale, finalmente e non senza difficoltà, il fashion italiano ha iniziato a ragionare come sistema, arrivando a conseguire due importanti obiettivi: l’aggregazione degli eventi fieristici con le sfilate all’interno di un calendario condiviso e la nascita di Confindustria Moda, maxi associazione che raggruppa le associazioni di tessile, abbigliamento, calzature, pelletteria, pellicceria, occhiali e mondo orafo.
IL RUOLO DI CALENDA
Questa inedita sinergia è stata resa possibile grazie a una felice combinazione di eventi. Da un lato, il mondo confindustriale si è dimostrato pronto all’unione. “Da tempo – ha dichiarato Claudio Marenzi, presidente uscente di Sistema Moda Italia e primo presidente di Confindustria Moda – avvertivamo i primi sentori dell’esigenza di una Federazione che riunisse i diversi settori del comparto moda, tessile e accessorio ma ora ci sono le giuste condizioni per unificare tutto il sistema”.
Queste condizioni hanno trovato infatti un alleato nel Governo e in particolare nel ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che già da ambasciatore del made in Italy nel mondo (ruolo poi ereditato dal viceministro Ivan Scalfarotto, nel momento in cui Calenda è stato “promosso” da vice a ministro nel dicastero di via Molise) aveva operato nella direzione dell’aggregazione considerata come uno strumento competitivo, essendo l’Italia ormai l’ultimo Paese dell’Europa occidentale in possesso di una filiera completa della moda.
Il sostegno del governo si è manifestato anche in termini economici, con il piano per il made in Italy che è stato confermato per il triennio 2018-20.
EVOLUZIONE DIGITALE
Il significato del “fare squadra” è rivoluzionario perché, citando ancora una volta le parole di Marenzi, il comparto moda in Italia “è molto variegato e va dal brand di lusso alle piccole e medie imprese, tutte però con un denominatore comune: l’artigianalità. Confindustria Moda assumerà un ruolo strategico nel trasferimento del sapere artigiano, delle tradizioni, dei valori e della cultura alle nuove generazioni”.
Questo tema è caro a Fashion Research Italy che, per incidere concretamente nello sviluppo della filiera oggi messa a dura prova da profondi cambiamenti, si propone come luogo di incontro e aggiornamento per le piccole e medie imprese del settore. Grazie all’operatività esclusiva del socio fondatore M-Impression e al supporto di un network di big player, la Fondazione ha infatti istituito un Punto Innovazione (P.IN), progetto capace di operare strategicamente su differenti livelli diffondendo i giusti impulsi alle piccole e medie imprese che desiderino intraprendere il percorso verso l’evoluzione digitale di Industria 4.0.
SETTORE IN SALUTE
Ed è proprio lo stanziamento di fondi per l’iper ammortamento, contenuto nel piano nazionale Industria 4.0, a essersi rivelato uno dei principali motori del rinnovamento nel sistema moda, con importanti ricadute nella sostituzione di macchinari a beneficio dei sistemi di nuova generazione e con trasmissione integrata di dati.
Il ministro Calenda, che è stato il più convinto sostenitore di questo piano, ha avvertito: “Non ci dobbiamo fermare, anche se il modello che abbiamo messo in piedi potrà aver bisogno di ulteriori aggiustamenti, visto che il settore è investito da grandi cambiamenti che avanzano a una velocità inimmaginabile”.
Ma proprio dai cambiamenti possono nascere nuove opportunità. La moda italiana si prepara a raccogliere la sfida nel segno della cooperazione, di un patto interno al settore che lo scorso anno, considerando soltanto la moda maschile, ha sfiorato i 9,2 miliardi di ricavi mettendo a segno un incremento complessivo del 2,1% e incassando il 65% dei proventi dall’export (+3% nel 2017).
L’unione fa la forza, e se l’Italia si muove finalmente unita, allora rischia di essere imbattibile. Il percorso sarà lungo, perché finora il sistema fashion si è distinto più per le divisioni interne che per la volontà di creare ponti tra i diversi settori, ma un inizio finalmente c’è stato.
“La moda italiana – ha affermato Marenzi durante l’inaugurazione di Pitti Uomo – oggi è importante quanto quella francese, anche perché loro hanno grandi marchi, certo, ma solo qui, nel nostro Paese, si può costruire un capo dall’inizio alla fine”.