Fashion Journal

Formazione

A.N.G.E.L.O. Vintage Palace tra etica e bellezza

Angelo Caroli è nel pieno dell’adolescenza quando, attraverso una sua trasmissione in una radio locale, offre consigli di stile. 

Nel 1978 apre il suo primo punto vendita: un piccolo negozio a Lugo in provincia di Ravenna in cui sono proposti capi che fanno provare ai clienti il brio del “sogno americano”. Quel negozietto diventa altro e nel 1992 viene inaugurato l’A.n.g.e.l.o. Vintage Palace, tra i centri di commercio di abbigliamento vintage più conosciuti in Italia e nel mondo. 

Da esperto di una realtà di eccellenza a formatore per F.FRI

È per la sua affascinante storia di vita e di professione (quando Angelo ha mosso i primi passi nel settore non era neanche in uso il termine “vintage” ma quello di “usato”), oltre che naturalmente per le sue comprovate competenze, che Caroli sarà uno dei partner del corso proposto da F.FRI sugli Archivi della moda e, in particolare, del modulo di Creazione di un archivio tessile e moda (20-22 novembre).

In un settore in perenne evoluzione come quello del fashion system, le aziende hanno l’opportunità di fortificarsi recuperando il proprio heritage, riscoprendolo e lavorandoci su. Il corso fa sviluppare competenze essenziali in tal senso, al fine di formare professionisti in grado di rispondere a questo tipo di necessità e di rappresentare una valida risorsa per i brand, sempre più interessati a valorizzare le proprie radici come leve per una moderna comunicazione e un rafforzamento della propria immagine.

Archivi della moda” si terrà da novembre a marzo in cinque moduli, acquistabili anche singolarmente, che riguardano workshop, visite ad archivi esclusivi (come quello dello stesso Angelo Caroli) e un project work. 

A.n.g.e.l.o. Vintage Palace a Lugo è un posto con due anime: quella di boutique e quella di archivio. Può spiegare ai nostri lettori cosa vi si può trovare dentro e qual è l’atmosfera che si respira?

Come ha detto, si può parlare di due anime. Avendo quarantacinque anni di esperienza nel settore, mi sono reso conto che dividere il complesso in punto vendita e in archivio fosse la cosa migliore per renderne agevole la fruizione. Abbiamo il Vintage Palace di tre piani con abiti in vendita in modalità sia fisica che online e a fianco una struttura appartenente a un ex orfanotrofio, che al momento della nostra ristrutturazione era in disuso da dieci anni. Si tratta di un edificio molto interessante, sotto la sovrintendenza delle Belle arti, in cui è conservato appunto il nostro archivio. La struttura è a sua volta divisa in due building, uniti da un cortile interno: uno dedicato ai capi   femminili  e uno a quelli maschili. Qui è possibile noleggiare vestiti, studiarli o richiederli per mostre ed esposizioni. Stimiamo 80.000 capi in vendita e 150.000 in archivio. 

Tra le mission della sua azienda come della nostra Fondazione c’è la sostenibilità. Quanto è importante oggi rendere sostenibile il settore moda? Nota maggiore sensibilità a tal proposito negli ultimi anni?

È una mission dovuta anche alla mia forma mentis. Sono vegetariano da più di quarant’anni, dunque sono molto attento a queste tematiche. Non si tratta solo di una scelta estetica, ma di recupero e sostenibilità. Quando avevo 17 anni e muovevo i primi passi nel campo della moda, questa esigenza di sostenibilità non era assolutamente capita. Negli ultimi dieci anni, invece, noto che si sta rivelando un tema di cui si parla sempre più. Le nuove generazioni, come la Gen Z, si muovono e relazionano al settore nell’ottica del recupero. Esiste un nuovo pubblico che si rende conto dell’importanza di ridare vita agli oggetti. Vedere ciò mi rende felice, perché questa consapevolezza è un gran passo in avanti, pur dovendo ancora parlare di un riciclo degli abiti minimo rispetto a quanto ancora si getta. 

A questo proposito, il fast fashion ha creato montagne di rimanenze o vestiti velocemente cestinati. È deleterio e sono deleteri i materiali usati in questo tipo di industria. Il bello del vintage, invece, è che più i materiali sono di qualità, più l’utilizzo li rende belli. Nel fast fashion non si bada alla qualità  del materiale e questo deteriora il prodotto finale, rendendolo – come sappiamo – molto inquinante.

Sono convinto che la strada della sostenibilità sia l’unica al momento possibile. Sono un ottimista, stiamo andando lentamente ma verso la direzione giusta.

Se si parla di recupero, non si può non parlare di “archivio”. A breve formerà futuri professionisti del settore durante il nostro corso “Archivi della moda”, quali sono le sue aspettative? E cosa prova nell’iniziare questo viaggio insieme?

Sono entusiasta di questa collaborazione. Quando vengo presso la vostra sede, incontro i vostri iscritti e mi rendo conto di star parlando con persone che hanno già compiuto una scelta. Si tratta di appassionati di moda e di archivi. Con loro parlare diventa uno scambio di punti di vista. Non si tratta solo di raccontare la propria esperienza o il proprio lavoro, ma di arricchirsi, di crescere insieme. È il bello del settore moda: non si finisce mai di imparare. Si tratta di un campo vasto che ti porta continuamente alla ricerca di informazioni e a mantenere attiva la propria curiosità. 

Ho avuto la fortuna di trasformare la mia passione in un lavoro. Lavorare su qualcosa che appassiona fa la differenza. Incontrare persone che stanno provando a fare lo stesso tipo di percorso è arricchente.

La sua attività porta con sé una bellissima storia di successi, come esperto di una realtà di eccellenza e a breve formatore quali sono i consigli che darebbe a coloro che vogliono muovere i primi passi nel settore? C’è un segreto imprenditoriale di cui vuole farci partecipi?

È difficile individuare i consigli più adeguati tra le varie cose imparate facendo questo mestiere. Sicuramente c’è da dire che lavorare negli archivi rappresenta una grandissima opportunità di cui ci si è resi conto soltanto negli ultimi dieci o quindici anni. Prima pochi consideravano gli archivi, soprattutto quelli della moda. Si tratta di un mondo che dà la possibilità di scoprire e approfondire. La moda è una forma d’arte. Un costume muta perché il mondo muta con esso. Sono tutte informazioni che riportate in senso archivistico ci permettono di capire che la moda non riguarda soltanto l’esistenza di un oggetto, ma anche la sua contestualizzazione nel tempo in cui vive.

Il segreto? La passione è basilare. Come spesso ripeto ai miei collaboratori, l’oggetto vintage, del passato, ha bisogno di attenzioni, ha bisogno di essere trovato, restaurato e pulito. Non può bastare la spinta economica, per questo tipo di cura c’è bisogno di amore. Trovi un oggetto abbandonato in un mercatino o in una cantina, raccogli testimonianze, informazioni e scopri un tesoro, magari una grande storia che ti fa capire che quell’oggetto è unico. All’inizio avevi solo l’intuito e la voglia della ricerca, ma poi l’oggetto ritrovato ha ricambiato il tuo amore, lasciandoti una bellissima sensazione di soddisfazione. 


Gabriella Ronza
Gabriella Ronza è una giornalista pubblicista, autrice fantasy e docente di materie letterarie nelle scuole superiori. Nata il 23 Giugno 1995 a Marcianise, in provincia di Caserta, si laurea con lode in Filologia Moderna. Negli anni della laurea comincia i suoi primi passi nel mondo del giornalismo, facendosi notare anche come addetta stampa di importanti personalità del settore culturale. Da sempre interessata al mondo della cultura, della moda, del costume e della società, è dal 2018 particolarmente attiva in campo editoriale e divulgativo. A partire dal luglio 2019 è stata anche curatrice senior per la rubrica di arte, moda e cultura del blog “La fragilità degli onesti”. Negli ultimi anni ha partecipato a manifestazioni e progetti culturali di vario tipo sul web, nelle scuole, in radio e in televisione.

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