La moda non alla moda di Roberto Capucci
“Per me disegnare è come bere dell’acqua quando si ha sete. Mi dà speranza gioia, mi allontana dal tempo che passa”.
Il nostro omaggio di oggi va a Roberto Capucci.
Il tempo è passato attraverso questa longeva, intramontabile e unica leggenda vivente della Moda italiana, ma contribuisce a renderne immortale l’inesauribile e geniale creatività che vi raccontiamo attraverso le tappe della sua vita straordinaria.
Dagli esordi e al successo
Roberto Capucci nasce nel 1930 a Roma, studia al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti della sua città. Inizia subito a disegnare abiti, aprendo un atelier in via Sistina nel 1950. Già l’anno successivo debutta a Firenze alla celebre sfilata organizzata da Giovanni Battista Giorgini a Villa Torrigiani con 25 creazioni, riscuotendo immediato successo.
Come spesso accade per i grandi creativi italiani i primi tributi a Capucci arrivano dall’estero. Nel 1956 la stampa internazionale lo investe del titolo di miglior creatore di moda italiano e Oriana Fallaci è la prima giornalista a dedicargli un articolo su Epoca.
È del ’58, la sua celeberrima linea a scatola, astratta e scultorea, in piena controtendenza con la moda aderente al corpo. Gli permette di aggiudicarsi il premio “America” della Filen’s di Boston, l’Oscar della Moda per la prima volta conferito ad uno stilista italiano. Nei primi anni Sessanta, durante il suo periodo parigino, regista un nuovo primato creando un profumo.
Quando torna a Roma nel 1966, Capucci trova una moda che sta cambiando irreversibilmente, diventando un fenomeno di massa grazie all’avvento del prêt-à-porter. Questa cesura porta Capucci ad allontanarsi dalla competizione commerciale e a isolarsi più che mai nel mondo dell’Arte, volgendo lo sguardo a Cinema e Teatro. Nel 1970 disegna i costumi di Silvana Mangano per Teorema di Pier Paolo Pasolini.
Nei primi anni Ottanta lascia la Camera della Moda per slegare definitivamente le sue creazioni dalle leggi del mercato e dal gusto omologato imperante, presentandole fuori da contesti istituzionalizzati. Le cornici più adeguate per presentare le sue opere diventano quindi i palazzi antichi, musei, accademie, saloni.
Ricercatore, non stilista
Roberto Capucci ha così negli anni avvicinato la Moda all’Arte, dando luogo negli anni a opere mirabili, con cui ha vestito le più grandi personalità dello spettacolo e del jet set. Marilyn Monroe, Gloria Swanson, Jacqueline Kennedy, Elsa Martinelli, Irene Brin, Franca Valeri, Valentina Cortese. Per Rita Levi Montalcini crea un abito in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Medicina del 1986.
Frutto di un’armonia inimitabile tra estro, maestria artigiana e costante tensione verso la Bellezza lo hanno collocato nell’Olimpo dei couturier, tanto irraggiungibile da non destare invidie o competitività tra i colleghi. Lo stesso Christian Dior lo considerò il miglior creatore della Moda Italiana, un vero prodigio. Lui stesso si autodefinisce ricercatore più che stilista, perchè la sua è una “moda non alla moda” in cui scolpisce i tessuti più che cucirli. Meticoloso, attratto dal mondo del Cinema e del Teatro, sperimenta forme, materiali inediti e originali rappresentazioni. Usa rafia, paglia, sassi di mare, plastica bambù, tela di sacco, vetroresina, grani di rosario fosforescenti, accanto ai materiali tradizionali della sartoria.
La Mostra al Labirinto della Masone
Prorogata fino alla fine di aprile 2023 la mostra celebra una ricorrenza legata al Maestro. Nel 1993 infatti la casa editrice di Franco Maria Ricci aveva infatti dedicato a Roberto Capucci un volume della collana Luxe, calme et volupté. L’esposizione è curata dalla Fondazione Roberto Capucci insieme alla Fondazione Franco Maria Ricci, con la collaborazione di Sylvia Ferino.
Le creazioni di moda in mostra dialogano con le opere d’arte, esaltandone l’unicità, fascino e inestimabile valore. Abiti come strutture architettoniche in cui il colore plasma le forme dei tessuti. La natura è la principale ispirazione, mediata dalla suggestione letteraria delle Metamorfosi di Ovidio, in cui avvengono le trasformazioni in alberi o animali. La mitologia trasfigurata negli abiti, nelle “seriche armature” che trascendono la forma del corpo. Nascono così le creazioni degli anni Ottanta, come Farfalle e Cerchi, o Variazioni nel Verde e Colore, in cui i contrasti cromatici sono protagonisti di straordinario impatto. Alcuni schizzi preparatori in esposizione raccontano il processo creativo.
Così Sylvia Ferino, curatrice della mostra, sintetizza la complessità del Maestro:
“Chi indossa una creazione di Capucci diventa immediatamente protagonista di una scena di cui è egli stesso regista: una scena che rassomiglia ai cortei trionfali e alle feste allestite nel Rinascimento e nell’età barocca in onore di principi famosi. Capucci è più che un creatore di moda: è regista, architetto e fors’anche drammaturgo, poiché i suoi abiti dettano in certo qual modo il cerimoniale e l’etichetta di corte, dando perciò forma all’avvenimento, così come fissano i diversi caratteri e i ruoli delle donne che li portano.”
In occasione della mostra sarà pubblicato un nuovo volume per Franco Maria Ricci Editore, dedicato a Roberto Capucci.