Christian Dior, Il Dio del Total Look
E’ stato uno dei più importanti e celebrati couturier, talento unico che per primo intuisce l’importanza del “total look”, realizzando gli accessori coordinati agli abiti, riscrivendo nuovi codici di femminilità. Un “art director” ante litteram quando nel mondo della Couture gli stilisti (allora “sarti”) disegnavano e cucivano abiti.
Le origini
Dior nasce a Gramville nel nord-ovest della Francia, all’inizio del Novecento, mostrando fin dall’infanzia un’innata inclinazione per il disegno e un vero talento per realizzare costumi per il carnevale o per le feste. Frequenta musei e gallerie, tanto che abbandona gli studi universitari e si associa all’amico Jean Bonjean, proprietario d’una galleria d’arte a Parigi, in cui espongono i protagonisti delle avanguardie artistiche dell’epoca, Picasso, Cocteau, etc… Nel 1934 si ammala seriamente di tubercolosi e, dopo un anno di convalescenza in Spagna, tornato a Parigi, collabora con il settimanale Le Figaro Illustré. Disegna cappelli e vende schizzi di abiti e di accessori a diverse case di moda, fino ad approdare, nel 1938 alla Maison Piguet.
Il grande successo, veloce, deflagrante, che perdura per un decennio, fino alla sua morte, ma prosegue nel segno della griffe ancora oggi, arriva nel 1947, con la sua prima collezione. La sua leggenda in soli dieci anni, lo rende immortale. Fra gli stili, che successivamente inventa, rimangono celebri le linee che si ispirano alle lettere dell’alfabeto, la linea A, la linea ad H e la linea Y, gli ampi colli a V. Nel 1957 la maison presenta l’ultima collezione del Maestro, mentre la collezione del 1958 porta la firma dell’astro nascente Yves Saint Laurent, che da tre anni è divenuto suo collaboratore ed erede spirituale: si chiama Trapezio, e da quel momento un’altra meravigliosa e irripetibile storia ha inizio.
Un mito: il Tailleur Bar
Nella memoria universale è collegato al New Look, che, il 12 febbraio 1947, lo rende celebre nel giro di un giorno. Una grande rottura con il passato, in controtendenza rispetto al regime austero postbellico che impone poco tessuto per confezionare gli abiti, un esplosivo guizzo di femminilità rappresentato da gonne immense che sbocciano da corpetti strizzati in vita. Il nuovo look appunto, come è stato definito da Carmel Snow, direttore di Harper’s Bazaar.
La giacca “Bar”, avanguardia dell’epoca e feticcio iconico ancora oggi, morbida sulle spalle, incollata al punto vita e ampia sui fianchi per fare “sbocciare” l’ampia gonna a corolla. Una nuova riscrittura del canone femminile, dopo la rivoluzione iconoclasta e morigerata di Coco Chanel, un apparente passo indietro nell’emancipazione, ma è solo “restituzione” di femminilità alle donne, con la complicità di bustier che sottolineano il punto vita, e soprattutto una spinta all’industria francese della moda, negli anni difficili del secondo dopoguerra.
Tutti gli stilisti di Dior
Da Yves Saint Laurent a Maria Grazia Chiuri grandi stilisti si sono cimentati nell’interpretazione dello spirito del Maestro. Dopo Marc Bohan, alla guida della Maison dal 1961, nel 1989 approda nel leggendario quartier generale di Avenue Montaigne l’italiano Gianfranco Ferré, che, interpreta nelle 4 collezioni di alta moda e prêt-à-porter lo spirito elegante e prezioso di Dior. Durante la sua direzione artistica vengono lanciate nel mercato due fragranze, Dune e Dolce Vita. Un passaggio che lascia un grande segno. Successivamente, dopo l’uscita di scena di Ferré, subentra John Galliano, che regala alla griffe una ventata di ironia e di trasgressione, poi arriva Raf Simons, ma finalmente nel 2016 Maria Grazia Chiuri riesce nell’intento di dare una impronta contemporanea alla griffe, mantenendo un equilibrio, che riscuote grande successo, tra archivio e avanguardia.