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Etica ed estetica per Regenesi di Maria Silvia Pazzi: l’azienda che ri-genera il lusso

Il nome dice tutto. Lo sa bene Maria Silvia Pazzi, CEO e founder di Regenesi, realtà che rigenera (appunto) e ridà valore a materie prime di scarto nel mondo della moda e del design. Nel 2008, seguendo il sogno consapevole di contribuire a “rendere il mondo un posto più bello”, ha fondato l’azienda che presto è diventata leader dell’economia circolare. A sostenere il progetto l’idea che il rispetto per l’ambiente, senza dimenticare la cura per il dettaglio spiccatamente made in Italy, possa essere considerato il vero lusso contemporaneo.

Ne abbiamo parlato proprio con Maria Silvia Pazzi, la cui grande capacità imprenditoriale e brillante competenza del settore ci hanno illuminato su aspetti di rivalutazione e riqualificazione ancora troppo sconosciuti ai più.

“Regenesi” parla di ri-generazione in tutti i sensi, anche nell’idea che le nuove generazioni possano sviluppare, con un più attuale senso etico, quanto ereditato dalle precedenti. Ci parla della storia dell’azienda e, di rimando, anche della sua? Sappiamo, ad esempio, che le figure dei suoi nonni sono state di grande ispirazione…

È una domanda molto interessante che cita già l’essenza del nostro progetto. Regenesi è nata nel 2008 e forse si può dire che è una delle poche start up che in sedici anni non ha mai cambiato una virgola della propria originaria “reason why”. La nostra mission è sempre stata quella di trasformare i rifiuti in bellezza. Oggi fortunatamente questo principio è largamente condiviso, ma allora non era affatto scontato. Io e il mio team avevamo una visione chiara di ciò come già necessario per l’attualità di quel tempo, ma la storia ci ha insegnato che in realtà siamo stati tra i precursori. 

D’altronde, ancora oggi si parla di sostenibilità a sproposito e spesso si mostra di non conoscere bene gli elementi che la riguardano. È per questo che, fin dalla nostra fondazione, crediamo sia necessario “fare cultura” della sostenibilità. 

Mi rendo conto che, come in tutte le aziende, il progetto assomiglia all’imprenditore. Come lei stessa ha citato, sono stata profondamente ispirata da mia nonna materna e mio nonno paterno.

Mia nonna faceva la sarta nei primi del Novecento, in un paesino in provincia di Forlì. Gestiva tante lavoranti; se fosse nata ai giorni nostri, probabilmente sarebbe stata un’imprenditrice (sorride, ndr.). Era una figura di spessore, le cui competenze – come succede ai grandi – andavano oltre la propria “stagione di vita”, pensi che ultranovantenne mi dava ancora consigli di stile.

Mio nonno, invece, era un innovatore, ha guidato diversi progetti che forse avrebbe dovuto brevettare. Dunque, fin da bambina in casa ho respirato questa atmosfera di imprenditorialità, ma anche di creatività, innovazione e tecnologia. 

La nostra è un’azienda che è nata dal “saper gestire”. Molte altre, invece, nascono dal “saper fare”. 

Io e i miei soci avevamo idea del bello, dell’importanza del made in Italy, ma non siamo “sbocciati” direttamente nel mondo della moda, in pratica non eravamo stilisti o creativi. 

Eppure, sono state proprio le competenze esterne a renderci capaci di guardare alla moda e al design in un modo diverso e peculiare. 

La tecnologia, ad esempio, è da sempre stata parte della nostra progettualità e ci ha permesso di credere che si debba cambiare ora perché non è detto si possa in futuro. Ci rendiamo conto che, da questo punto di vista, ogni cambiamento porta delle criticità, anche per quanto concerne gli aspetti normativi. Ecco, noi possiamo definirci dei facilitatori. Proprio perché “nativi circolari”, siamo proiettati a rendere semplici e flessibili alcuni passaggi che per un’azienda tradizionale – sia per forma mentis o per complicazioni di ordine burocratico – sono di più complessa gestione.

Sicuramente ci occupiamo di questo con il nostro marchio, ma amiamo farlo anche con e per altre aziende. Un aspetto che forse emerge poco dal nostro sito, ma che è presente e funziona molto bene. 

 La sua è un’azienda non convenzionale che si è mossa verso un percorso nobile ma sicuramente complesso, anche considerando un mondo ancora così votato al consumismo e al fast-fashion. Quanto è stato difficile farsi largo nel mercato?

Sì, esatto, possiamo dirci non convenzionali. Certo siamo nati nel design, ma non abbiamo mai dimenticato il desiderio di cambiare lo stile di vita delle persone in un senso più ampio. 

È per questo che, attraverso di noi, design e moda dialogano e si confrontano. Non è una cosa scontata, perché si tratta comunque di due campi con caratteristiche ben distinte.  Riguardo a entrambi, a ogni modo, il nostro obiettivo è quello di portare l’opposto del fast fashion e del consumismo. Vogliamo realizzare il “sempre”, cioè oggetti Timeless e No Season, che abbiano un valore non legato al concetto di stagionalità. Questo è maggiormente ravvisabile nell’idea stessa di moda, che non dovrebbe mai essere accostata a quella di superficialità. Il modo in cui ci vestiamo, infatti, parla di ciò che siamo nel tempo. 

Andando nel pratico della produzione, come si riesce a coniugare l’estetica di un design che ha cura del dettaglio con la funzionalità e naturalmente l’utilizzo di materie prime di scarto?

Portare l’eco progettazione nel mondo dell’accessorio, della moda tout court, vuol dire associare all’estetica e al fatto bene prodotti smart con almeno due funzioni di uso. È necessario, infatti, che i prodotti siano utili per più di un aspetto e che risultino flessibili. Naturalmente, il volere fare progetti da riciclo e riciclabili condiziona lo stile. In effetti, la forma dei nostri prodotti è inevitabilmente influenzata dalla lavorabilità dei materiali rigenerati e questo incide anche sul processo creativo: il nostro stile essenziale, ma non per questo banale, non prevede nulla in più dello stretto necessario, asciugando all’estremo quello che non serve. 

Di quali materiali parliamo nello specifico? E qual è la loro origine? C’è una collaborazione attiva con le aziende?

Lavoriamo con tanti materiali diversi che non sono solo quelli prettamente legati al mondo del tessuto, ma – come può ben immaginare – anche a quello della plastica, dell’alluminio eccetera.  Realizziamo costantemente un’attenta ricerca di nuove Materia Prime Seconde collaborando con produttori di materiali certificati con alti standard e che portano avanti valori simili ai nostri. 

Rigenerare alcuni materiali è possibile se c’è un processo industriale di un certo tipo e investimenti importanti. Già diversi anni fa comprendemmo ciò di cui oggi tutto il mercato si è reso conto, cioè l’importanza del riciclo tessile. Dal 2019 abbiamo avviato un’intensa attività di ricerca su questo ambito e successivamente abbiamo costituito Regenstech, startup innovativa, femminile e società benefit che trasforma i rifiuti tessili civili e industriali in materia prima seconda grazie ad una tecnologia brevettata unica al mondo chiamata Respetto®. 

In breve, Regenstech ha dato vita a una soluzione unica che coniuga riciclo meccanico, automazione industriale e tecnologia dei materiali, per la trasformazione di scarti e rifiuti tessili in materia prima seconda (MPS) di alta qualità, come detto, Respetto® mix. Si tratta di un materiale versatile: tramite tecniche di stampa a iniezione e additiva è possibile realizzare oggetti per differenti settori tra i quali moda (da accessori e occhiali a capi di abbigliamento), arredo e design, automotive e nautica, packaging ed altri. L’esperienza del brand Regenesi è stata essenziale nello sviluppo di questo nuovo progetto, non solo per l’incremento di know-how circolare ma anche perché abbiamo sviluppato soluzioni e tecnologie per rispondere a necessità che sorgevano in Regenesi e che non trovavano risposte sul mercato. Si parla di tutto ciò che è relativo al mondo dell’upcycling e del recupero, ma anche di trasformazione nel senso di cambiamento di funzioni d’uso. Tra i tanti progetti nomino uno di cui siamo particolarmente fieri in collaborazione con la catena Hilton hotel, in particolare Hilton Milan

Negli ultimi tempi, infatti, li abbiamo affiancati nello smantellamento e ristrutturazione delle loro camere.  Abbiamo portato avanti un percorso di cernita di alcuni materiali che ci sono stati affidati. Li abbiamo trasformati e resi utili per loro. Abbiamo, infatti, trasformato le tende in una  serie di prodotti di merchandising, per lanci stampa e comunicazione, come pochette e shopper. Emerge così una simbiosi industriale che cerca di costruire un modello altamente complesso ma che dà anche valore a ciò che altrimenti sarebbe un rifiuto. Da questo punto di vista ci occupiamo di tanti settori diversi, non solo della moda.

Che tipo di clientela si avvicina e affeziona ai vostri prodotti? Crede che il progetto di “Regenesi” possa estendersi maggiormente nel prossimo futuro?

Come detto, abbiamo una clientela varia che si muove su differenti canali. Gran parte del nostro volume aziendale, anche dal punto di vista economico, è legato al mondo delle imprese, ma continuiamo a essere molto soddisfatti del nostro shop online che propone prodotti con il nostro marchio. In sedici anni abbiamo stravolto il nostro sito per ben quattro volte (l’ultima versione appena lasciata propone un’esperienza immersiva di conoscenza delle collezioni grazie a tecnologie di realtà aumentata), perché amiamo avvicinare il nostro cliente proponendo una vetrina completa che racconti storie, non solo merci. Dunque, presentiamo i nostri progetti non solo per la loro funzione d’uso o l’estetica ma anche per quanto concerne l’origine dei materiali e la loro riciclabilità. Abbiamo infatti da sempre apportato un passaporto digitale ai nostri prodotti.

Per il futuro cercheremo di portare avanti con cura i nostri progetti negli ambiti di cui le ho parlato, come quello delle soluzioni e della tecnologia con Respetto e altri brevetti che stiamo sviluppando.

Stiamo creando strumenti a supporto della tecnologia circolare, con prospettive non solo ben fatte e sostenibili ma anche esteticamente belle. Riteniamo essenziale un concetto di benessere legato ad alti standard di qualità ed estetica. 


Gabriella Ronza
Gabriella Ronza è una giornalista pubblicista, autrice fantasy e docente di materie letterarie nelle scuole superiori. Nata il 23 Giugno 1995 a Marcianise, in provincia di Caserta, si laurea con lode in Filologia Moderna. Negli anni della laurea comincia i suoi primi passi nel mondo del giornalismo, facendosi notare anche come addetta stampa di importanti personalità del settore culturale. Da sempre interessata al mondo della cultura, della moda, del costume e della società, è dal 2018 particolarmente attiva in campo editoriale e divulgativo. A partire dal luglio 2019 è stata anche curatrice senior per la rubrica di arte, moda e cultura del blog “La fragilità degli onesti”. Negli ultimi anni ha partecipato a manifestazioni e progetti culturali di vario tipo sul web, nelle scuole, in radio e in televisione.

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