Tecnologia RFID: di cosa si tratta?

Nell’eCommerce, soprattutto in quello di moda di cui ci occupiamo nello specifico, sono sempre di più le realtà che si affidano alla tecnologia RFID, per ovviare a numerose problematiche legate alle operations e non solo.

Oggi abbiamo la fortuna di poterne parlare con Marco Di Pietro, Founder and CEO di IWISHU con un’importante e profonda esperienza in VF Corporation, Prada, Yoox e docente del corso in Fashion E-commerce Management di FRI.

La tecnologia Rfid (acronimo di radio frequency identification) è una tecnologia in grado di identificare e/o memorizzare autonomamente informazioni inerenti oggetti, animali o persone tramite l’utilizzo di etichette elettroniche, chiamate TAG, transponder oppure chiavi elettroniche e di prossimità, ed un apparecchio (reader o interrogatori), fisso o portatile a seconda della necessità, che li legge memorizzandone le informazioni.

Marco, puoi spiegarci com’è composta e come funziona l’RFID?

La tecnologia RFID permette di inserire un’informazione in un tag, che a sua volta viene inserito su un prodotto o in un’etichetta. Questo fa sì che questo sia in grado di rispondere ad interrogazioni a distanza che arrivano, nel caso dello standard UHF, da readers che possono interrogare simultaneamente migliaia di tags. Nel caso dello standard NFC, la fonte può essere anche uno smartphone.

Cosa sono e qual’è la differenza tra UHF e NFC?

Sono i due standard industriali più diffusi. UHF significa Ultra High Frequency e permette letture massive fino ad alcuni metri.
NFC significa Near Field Communication e permette letture singole e a distanza ravvicinata. Si tratta dello standard utilizzato ad esempio nelle carte di credito o nella telefonia.

Quali sono i vantaggi nell’integrazione di questa tecnologia nell’eCommerce?

Sarebbe impossibile elencarli ora in modo esaustivo, perché sono innumerevoli, ma tra i principali ci sono sicuramente:

• incremento dell’accuratezza inventariale;
• aiutare la fase di packaging – la tecnologia elimina la necessità di leggere dei codici a barre;
• certificare il contenuto di un collo una volta terminato l’imballo;
• identificare il contenuto di un collo reso, prima ancora di aprirlo
• legare il singolo capo reso al singolo consumatore;
• agevolare l’adozione di processi omnicanale. La tecnologia rende economici inventari fisici settimanali dei negozi e aggiunge quindi certezza a processi quali lo Ship from Store o il click and collect.

E gli svantaggi?

Direi che non ce ne sono. Negli ultimi anni la tecnologia si è anche molto democratizzata. L’unico punto critico è paradossalmente legato alla moltitudine di applicazioni di tale tecnologia, non solo nell’eCommerce, ma anche nel retail tradizionale. I vantaggi vanno pesati, valutati ed organizzati secondo priorità. Meglio partire sei mesi dopo, ma con un piano chiaro.

Se un’azienda volesse implementarla, come dovrebbe muoversi?

Partire con uno studio che fornisca le risposte chiave: costi, investimenti, risparmi, KPI e ROI per poi prendere le decisioni chiave: dove posizionare il tag, dove / come / quando associare il tag alla SKU del prodotto (abbreviazione per Stock Keeping Unit – codice identificativo di un articolo gestito a magazzino) e scegliere un partner tecnologico di provata esperienza per la componente software del progetto.

Un’ultima domanda: quante realtà della moda italiana oggi ne fanno uso?

Un gran numero di aziende abbigliamento / fashion / lusso utilizzano la tecnologia. YNAP rimane il riferimento come player eCommerce. Ma innumerevoli altri brands si sono avviati lungo questo percorso, spinti da motivazioni di natura molto diversa: dal controllo dei falsi, all’efficientamento della supply chain al miglioramento delle performance retail. Alcuni nomi: Ferragamo, Bulgari, Moncler, Cucinelli, Valentino, Yves Saint Laurent. Ma anche Decathlon e Zara.
Importante, secondo me, sottolineare come a tutt’oggi nessun brand che abbia avviato un progetto Rfid abbia poi deciso di tornare indietro.