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Pillole di sostenibilità: Greenwashing

Questo termine anglofono nasce dalla combinazione delle parole green e whitewashing. La prima è di immediata comprensione: il verde è infatti colore che da sempre richiama il mondo ambientalista. La seconda, che letteralmente significa imbiancare, va invece intesa nel suo senso figurato: coprire qualcosa o tentare di dissimularla.

Proprio in questo senso, greenwashing è diventato sinonimo di strategie di comunicazione e marketing sleali, messe in atto da alcune imprese per “tingersi di verde”. L’intento è quello di diffondendere un’immagine positiva delle proprie attività per ottenere, agli occhi dei consumatori, un posizionamento basato impropriamente sulla sostenibilità ambientale.

Si tratta, in breve, di un uso disinvolto della comunicazione, con il fine ultimo di distogliere l’attenzione del pubblico dalle dinamiche aziendali nel loro complesso – spesso poco o per nulla riconducibili a condotte rispettose di lavoratori e ambiente. Si cerca al contrario di evidenziarne l’impatto positivo con un approccio mediatico che gioca, per esempio, con il ricorso a claim ecologici, immagini della natura incontaminata e al verde nelle grafiche.

Per evitare il rischio greenwashing serve, dunque, non solo da parte dell’azienda, ma di tutti gli stakeholder, una concreta cultura della sostenibilità. Fondamentale una forte propensione alla trasparenza, da coltivare come valore fondante per la riuscita e il posizionamento della propria azienda.

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