Dyloan, la forza della tecnologia
Manifattura in Abruzzo, ricerca e sviluppo a Milano. Dyloan non è la “classica” azienda tessile dalla presenza storica e consolidata in un distretto serico o laniero, bensì un partner di nascita più recente (è stata fondata nel 1987) al servizio dei luxury brand, a cui offre le soluzioni più innovative attraverso l’applicazione di tecnologie sviluppate internamente. «Siamo un punto di riferimento dei designer, una ‘guida’ per tutte le fasi che partono dalla prototipia alla progettazione del capo» racconta il technology ambassador Loreto Di Rienzo. Le sue soluzioni, peraltro, non si limitano al capo d’abbigliamento e agli accessori, perché Dyloan opera anche nell’ambito dell’automotive e dell’interior design.
Bond Factory e D-House
L’azienda può contare su due headquarters. Il primo è la manifattura, denominata Bond Factory e basata a Chieti: qui Dyloan realizza intere collezioni e prodotti speciali, unendo l’evoluzione tecnologica alla volontà di conservare il lavoro artigianale e la cura dei dettagli che caratterizzano le sue produzioni. D-House è invece il lab milanese concepito come luogo d’incontro, di formazione, d’innovazione e sostenibilità. Al suo interno vengono realizzati i progetti di R&D e le attività di prototipazione, ma è stata creata anche una Academy con workshop per i professionisti, per i clienti e le scuole, oltre a eventi speciali in collaborazione con i partner. La sensibilità in ambito di produzione sostenibile ha spinto Dyloan a sviluppare, sempre a Milano, un progetto dedicato alle rimanenze, affinché gli scarti di produzione possano avere un impiego trasformandoli da rifiuti a risorse.
Il progetto sostenibile
La sostenibilità nasce dalla volontà di mantenere la produzione in Italia. «Più di dieci anni fa, quando i marchi italiani tendevano a delocalizzare, abbiamo preso la decisione contraria. Eravamo certi che la nostra storia non potesse essere legata ad altre realtà e abbiamo investito sul nostro territorio» precisa Di Rienzo. Di conseguenza, l’approccio di Dyloan alle tematiche sostenibili non si esaurisce con il concetto di produzione a basso impatto ambientale. Al centro dell’operato aziendale troviamo il senso di comunità, il legame con il territorio di origine, la valorizzazione delle risorse umane, la formazione professionale dedicata non solo alle proprie maestranze ma anche all’esterno, partendo da progetti specifici mirati alle scuole e agli stessi designer del mondo fashion, per trasmettere loro i principi della progettazione sostenibile. «E lo facciamo perché – aggiunge Di Rienzo – siamo convinti che una manifattura sia innanzitutto un punto di riferimento culturale».
Il boom del 2020
Partendo da queste basi, Dyloan è riuscita a gestire il momento potenzialmente più difficile della sua storia, quello del primo lockdown, come occasione per triplicare il fatturato. E lo ha fatto, ancora una volta, assieme alla comunità. «Quando l’Italia si è trovata ad affrontare il virus senza dispositivi di protezione, abbiamo pensato che le nostre tecnologie potessero essere utilizzate per effettuare uno ‘switch’ dai materiali fashion alle mascherine, contribuendo a ricreare una filiera italiana dei dispositivi di protezione e andando in aiuto al sistema sanitario. L’azienda ha potuto continuare l’attività e i nostri dipendenti non hanno perso il lavoro» afferma Di Rienzo. La crescita economica è stata una conseguenza di questa parziale riconversione: la flessione del 40% di giro d’affari generato dalla moda è stata compensata alla decima potenza dal nuovo ambito operativo, che ha permesso a Dyloan di salire dai 6 milioni del 2019 ai 18 milioni del 2020, valore confermato nella chiusura del 2021. E il futuro? «Stiamo investendo con determinazione sulla moda, in forte trasformazione a livello di manifattura e servizi. Le crisi servono a questo, a rivedere i modelli di business e a spingere l’acceleratore sull’innovazione di prodotto».
Una moda più sensibile
Il cambiamento impresso dalla pandemia è l’occasione per una svolta dei processi decisionali nella moda, svolta resa necessaria da un preciso orientamento del cliente finale. «È aumentato il senso di responsabilità, si sta sviluppando una nuova sensibilità verso i processi e i prodotti sostenibili. E il consumatore premia i marchi che operano in questa maniera, anche pagando di più. A patto che il prodotto sostenibile sia anche accattivante. È una sensibilità che in altri ambiti, dall’automotive all’arredo, si era già sviluppata e ora si sta facendo largo nel fashion» conclude.