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Fashion Journal

Eco Fashion

Alta tecnologia e zero sprechi. L’ascesa di Blueitaly, precursore della blue economy nella moda

La rigenerazione industriale non è una chimera, nel comparto fashion. Se ne parla poco, troppo poco, ma in Italia continuano a nascere, a crescere e a imporsi nel mercato new-co ad alta tecnologia e a forte orientamento green. In questo caso, parliamo di Blueitaly, un’azienda che ha intrapreso la strada di un altro colore, quello della blue economy.

Lo ha fatto nel 2013, quando ancora la parola “sostenibilità” era quasi sconosciuta e assente dal vocabolario della moda internazionale. Siamo nell’anno della tragedia del Rana Plaza in Bangladesh, nel periodo in cui il sistema-moda aveva puntato sulla delocalizzazione come modalità di risparmio nei costi di produzione. Un imprenditrice pescarese sceglieva di iniziare la propria attività ponendo come pilastri la manifattura locale, ad alta tecnologia, a impatto zero. Si chiama Cinzia di Zio e oggi è a capo di Blueitaly Group, formato da due realtà produttive che impiegano una quarantina di addetti. Si occupa di nobilitazioni tessili realizzate con l’utilizzo di laser a caldo e a freddo, ricamo a macchina e a mano, agugliatura, punzonatura, ultrasuoni, stampa 3D, nastratura, termosaldatura, laminazione, tranciatura, embossed, stampa serigrafica, digitale e di sublimazione.

Come ha fatto? È quel che le abbiamo chiesto alla fondatrice di Blueitaly, scoprendo che quando si lancia il cuore oltre l’ostacolo per le giuste cause, i risultati arrivano e si possono superare, anche in momenti difficili come quello pandemico.

Come nasce quest’avventura imprenditoriale?

Dal desiderio di continuare il mestiere della mia famiglia, quello di imprenditori, e da una volontà di riscatto personale. A 40 anni, con un matrimonio fallito alle spalle, mi sono rimessa in gioco ed è iniziata la mia seconda vita. Ed è stato un exploit pazzesco. A dieci anni dall’esordio di Blueitaly, partendo da 300 euro di investimento per registrare il mio marchio, mi ritrovo con un capitale di quasi dieci milioni tra strutture e macchinari, con 40 dipendenti e un fatturato di oltre 3 milioni di euro che, facendo solo lavorazioni e non dovendo affrontare costi di acquisto delle materie prime, quindi un ottimo livello in termini di ricavi. E oggi ci sono tutte le premesse per crescere ulteriormente.

Come avete affrontato il Covid?

Adattandoci alla situazione. Abbiamo inventato e brevettato le mascherine trasparenti e questo brevetto ci ha permesso di resistere al blocco delle attività, senza mettere nessuno in cassa integrazione. Quando la situazione si è normalizzata, avevamo già a disposizione le risorse per poter acquisire il secondo stabilimento di Blueitaly e per assumere ulteriore forza lavoro. Ora il nostro piano prevede una crescita ulteriore, grazie all’acquisto di un capannone da tremila metri dove ci siamo spostati ad agosto, perché in quello precedente eravamo in affitto, e questo investimento ci ha già permesso di incrementare il fatturato.

Da dove nasce il suo know how nel mondo fashion?

Mio padre operava nell’ambito dei macchinari per l’industria tessile e avrei potuto continuare la sua attività, ma ho preferito occuparmi delle decorazioni tessili perché le ritenevo più vicine alla mia capacità creativa e alla mia predisposizione nel realizzare qualcosa di bello da proporre al mercato. Tuttavia, la visione ingegneristica che ho ereditato dall’impresa di famiglia è stata importante per la capacità tecnica incamerata, grazie alla quale sono in grado di effettuare modifiche alle macchine presenti oggi in Blueitaly.

Come è andata all’inizio?

I primi contatti con il mondo fashion sono legati a un’esperienza precedente, svolta in un ricamificio, che mi ha permesso di intrecciare le prime relazioni con i brand della moda. Con la fondazione di Blueitaly, ho scelto la soluzione delle fiere di settore, in particolare Milano Unica, per far conoscere l’azienda e i nostri contenuti innovativi. I primi tempi non sono stati facili, perché il fatturato era bassissimo e non bastava a coprire i costi vivi… Ho resistito alle offerte di gruppi interessati ad acquisire la mia azienda perché ci credevo e volevo crescere da sola.

Quali sono i segreti del vostro successo?

Il primo si chiama blue economy: produciamo recuperando, azzerando gli sprechi. Una visione che dalla manifattura si è estesa fino agli investimenti strutturali perché i capannoni dove operiamo non sono stati costruiti ex novo ma ristrutturando vecchi edifici dismessi. Inoltre, proprio in quanto già esistenti, si trovano in prossimità del centro cittadino e diamo la possibilità ai nostri dipendenti di venire al lavoro a piedi in bicicletta, evitando lunghe code per il trasferimento casa-azienda. Così d’estate, quando finiscono il turno, se ne possono andare in spiaggia. E anche questo fa parte del benessere delle persone.

Il secondo è la manifattura. L’azienda fondata nel 2013, prima del cambiamento in Blueitaly Group, si Blueitaly Manufacturing, proprio perché la mia idea era quella di abbinare la tecnologia alla manualità e all’artigianalità. E grazie alla capacità di intervenire manualmente nel processo produttivo non siamo esposti alla concorrenza internazionale a basso prezzo, perché quel che facciamo noi non può essere replicato in altre aree del mondo.

Come considera, oggi, il livello di sostenibilità raggiunto nel comparto moda?

Le attenzioni sono aumentate un po’ in ogni ambito, dalla progettazione fino alla realizzazione dei prodotti. Il livello di spreco è certamente diminuito, grazie anche al contributo della tecnologia. Nella parte di ricerca e sviluppo, le prove oggi vengono realizzate “in piccolo” per poi arrivare allo sviluppo dei soli progetti che possono funzionare, e questo determina una forte riduzione degli impieghi di risorse e di materiali. Una volta approvati, è altrettanto forte l’attenzione dei brand verso l’utilizzo di materiali considerati sostenibili.

Come si svilupperà Blueitaly Group nei prossimi anni?

Continueremo a percorrere la strada della tecnologia, aprendoci a nuovi settori: non più solo per abbigliamento ma anche arredo, automotive, medicale, sicurezza. Rimarremo il gruppo leader nella tecnologia applicata alle lavorazioni, individuando soluzioni sempre più smart per incrementare il livello ottimale di produzione e senza generare sprechi. Per me sostenibilità significa produrre meno, con più qualità, con più attenzione, facendosi pagare di più dal cliente perché assicuriamo non solo un prodotto ma anche un alto livello di servizio. La produzione sostenibile determina un maggior impiego di tempo, ma questo tempo impiegato offre un contributo alla salvezza del pianeta.


Andrea Guolo
Giornalista professionista specializzato in economia, scrittore e autore teatrale, ha pubblicato libri per le edizioni Franco Angeli, San Paolo Marsilio, Morellini, tra cui La borsa racconta (2007, Franco Angeli), Uomini e carne. Un viaggio dove nasce il cibo (2009, Franco Angeli), Costruttori di bellezza (2014, Marsilio) e #IoSiamo. Storie di volontari che hanno cambiato l'Italia (2021, San Paolo). Fondatore e direttore di ItalianWineTour.Info, attualmente scrive per gli editori Class (Mf Fashion), Condé Nast (Vogue Italia), Gambero Rosso, Gruppo Food e per altre testate italiane ed estere.

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