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Eco Fashion

BerBrand: la filigrana del lusso

Il lettore si prepari a un pezzo fatto di apparenti paradossi… Il primo è che una realtà come quella che stiamo raccontando, specializzata in un prodotto che trae origine dal mare, in realtà ha sede nella provincia di Brescia, a Passirano, e non in qualche località balneare. Si chiama Superlativa, il marchio della collegata di BerBrand, nome forse sconosciuto alle masse ma ormai ben noto tra gli addetti ai lavori della moda e non solo. Serve l’occhialeria, l’automotive, le “firme” dell’interior design e lo fa con gli accessori e le finiture in madreperla.
Il secondo è dato dalle dimensioni: BerBrand è leader nel suo comparto ma conta sull’apporto di soli sette dipendenti. Il fatto si spiega con l’organizzazione che l’azienda si è data: una base di sviluppo prodotto, una rete di terzisti fidelizzati nel territorio bresciano/bergamasco, una media produzione di riferimento in Vietnam e un rapporto diretto con la supply chain che sta nel mare, in Indonesia, dove si allevano le ostriche da cui si ottiene il prezioso materiale naturale.
Il terzo paradosso, anch’esso soltanto apparente, è legato alla sostenibilità ambientale del prodotto utilizzato da BerBrand e ce lo spiega direttamente il fondatore e ceo, Emanuele Bertoli:

Se siamo sostenibili? Per assurdo, possiamo dire che più la gente consuma i nostri prodotti a marchio Superlativa, meno CO2 avremo nell’atmosfera, perché l’allevamento delle ostriche assorbe anidride carbonica anziché generarla. E più si produce, più i nostri mari sono contenti, perché anche l’impatto sulla qualità delle acque degli oceani è positivo.

Oltre la button valley

L’elenco dei paradossi potrebbe continuare, ma fermiamoci qui e analizziamo cos’è BerBrand, partendo dalla sua fondazione. Era il 2002 quando Bertoli, nel territorio allora noto come la “button valley” d’Italia o quel che ne era rimasto (“Un tempo questo distretto copriva il 90% della domanda del mercato di bottoni. Non è stato in grado di fare sistema e si è dissipato nel mondo, perdendo il proprio predominio”, racconta l’imprenditore), decide di dedicarsi all’eccellenza, intuendo le due direzioni che il mercato avrebbe preso in futuro: altissima qualità per l’industria del lusso e sostenibilità. Di conseguenza, il materiale scelto da BerBrand è la madreperla, sostenibile per sua natura, e l’ottica di riferimento quella dell’integrazione di filiera, affidandosi a una rete internazionale che permette all’azienda di controllare ogni fase, dalla materia prima fino al prodotto finito.
“Uno studio della Camera di Commercio di Milano ci ha definiti come una micro multinazionale sostenibile. In realtà, siamo un’azienda molto piccola che ha sempre mantenuto una gestione e uno standard di sistema e di dialogo internazionale con altre realtà produttive e lo abbiamo fatto su più livelli, compreso l’allineamento culturale. Le attività che portiamo avanti si basano sulla comprensione della cultura presente in ogni territorio”, precisa Bertoli.

Dove si applica la madreperla BerBrand?

Siamo arrivati a trasformarla in un materiale per le sneaker, abbiamo realizzato quadranti per orologi in madreperla e occhiali con inserti. Abbiamo perfino realizzato gli interni di un’automobile in madreperla”. Roba da ricchi, naturalmente… “I nostri progetti nascono bespoke. Nel caso dell’automotive, siamo partiti con una Rolls-Royce ma ora siamo attivi in altri progetti con marchi top secret. La nostra sfida è sempre stata quella di partire dal top di gamma, anche nell’orologeria dove il debutto è avvenuto con il marchio più noto e importante del mondo e poi, a cascata, seguono gli altri.

La domanda è d’obbligo: si tratta di pura nicchia o c’è la possibilità di applicare la madreperla anche in progetti industriali?

Nell’occhialeria siamo arrivati a industrializzare il prodotto fino all’utilizzo nella robotica. Il punto di partenza è sempre artigianale, ma poi il progetto si sviluppa anche a livello industriale.

Ed è anche per questo che gli investitori hanno creduto al modello di business ideato da Bertoli, come testimoniato dall’ingresso da parte di Albatros nel capitale di Superlativa, che da marchio si è recentemente sviluppato in una società spin-off di BerBrand che ha ereditato i brevetti derivati da un ingrediente originato dal recupero degli inutilizzi dell’industria perlifera.

Lavorazione a scarto zero?

Oggi Berbrand può vantare diversi traguardi raggiunti. Il primo è quello dello “scarto zero”, che fa dell’allevamento delle ostriche e della lavorazione della madreperla un esempio di vera economia circolare. C’è l’utilizzo del mollusco nella catena alimentare, quello della perla nella gioielleria, quello completo della madreperla e infine c’è il recupero delle polveri della lavorazione, che si impiegano nella cosmesi. C’è la certificazione con un marchio esterno, Ecocrest emanato dalla Fondazione Acquario di Genova, della sua filiera produttiva. E c’è anche la crescita economica in atto: raddoppio del fatturato nel 2022, obiettivi di ulteriore crescita per l’anno in corso e la certezza di accompagnare questo sviluppo del business con un modello di economia etica, tracciabile e che sostiene la manifattura italiana.

In futuro cosa si aspetta BerBrand?

Siamo ambiziosi. Ci vediamo integrati in un gruppo del lusso, considerando l’attenzione che queste corporate hanno verso di noi, e non escludiamo la quotazione in Borsa, che potrebbe avvenire a seguito dei nostri investimenti a livello retail. Oggi siamo una b2b company, destinata a diventare un marchio per il consumatore perché il nostro è un prodotto identificativo.
Lo schema è quello già applicato nell’in-trade: si parte da pezzi rari e limitati per una clientela esclusiva, alla quale vengono riservati pezzi iconici e di design realizzati attraverso la miglior manifattura reperibile nel mercato, per poi arrivare a una maggior democraticità della produzione di accessori e dettagli in madreperla. Tenendo presente che stiamo comunque parlando di un bene raro, di una “filigrana del lusso”, di piccoli elementi aggiunti su altri materiali per rendere unica una sneaker, un interno della casa o dell’automobile, un gioiello. È come un diamante, e certamente il diamante non potrà diventare un bene per il consumo di massa.

Qual è il valore del made in Italy per la lavorazione di questo materiale raro?

Altissimo. Vogliamo valorizzare al massimo la creatività e la sartorialità per cui l’Italia è apprezzata in tutto il mondo. Per farlo, dobbiamo ripartire dalle nuove generazioni. Quando vado in Svizzera a visitare i laboratori delle maison di orologi, mi colpisce molto vedere tutti quei giovani impegnati nel realizzare i quadranti che sono alla base di autentiche opere d’arte. In Italia invece è difficilissimo trovare dei ragazzi e delle ragazze in manifattura. Noi vogliamo rilanciare quella magia del savoir faire che illumina il cuore nel momento di creazione del prodotto. Tutto questo, abbinando la capacità artigianale con l’impiego delle migliori tecnologie, perché l’applicazione delle finiture in madreperla nei metalli, nei pellami, nelle laserazioni e perfino nelle stampe 3D passa attraverso l’integrazione all’interno della catena produttiva di cui BerBrand dispone attraverso i suoi partner produttivi.


Andrea Guolo
Giornalista professionista specializzato in economia, scrittore e autore teatrale, ha pubblicato libri per le edizioni Franco Angeli, San Paolo Marsilio, Morellini, tra cui La borsa racconta (2007, Franco Angeli), Uomini e carne. Un viaggio dove nasce il cibo (2009, Franco Angeli), Costruttori di bellezza (2014, Marsilio) e #IoSiamo. Storie di volontari che hanno cambiato l'Italia (2021, San Paolo). Fondatore e direttore di ItalianWineTour.Info, attualmente scrive per gli editori Class (Mf Fashion), Condé Nast (Vogue Italia), Gambero Rosso, Gruppo Food e per altre testate italiane ed estere.

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