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Digital Fashion

Art lovers del terzo millennio: le esperienze immersive di The Fake Factory

Lombardo, classe 1971, le sue opere multimediali sono veri e propri capolavori d’arte contemporanea ma lui non si definisce un’artista italiano, piuttosto un uomo ossessionato dall’immagine. Con un background legato al cinema e al teatro, non stupisce che l’innata curiosità di Stefano Fomasi – in arte Fake – lo abbia accompagnato in una continua sperimentazione linguistica insieme al poliedrico team di The Fake Factory, da lui fondata nel 2001 ed oggi tra i riferimenti italiani e internazionali del video design e delle immersive art experiences. Artisti, musicisti, performer, designer e creativi provenienti dal mondo dell’architettura, della comunicazione e della tecnologia dalla cui collaborazione prendono vita esperienze uniche, altamente coinvolgenti che integrano arte, design e media digitali.

In attesa di incontrarlo in Fashion Research Italy in occasione della sua guest lecture alla seconda edizione del corso di Fashion Film & Multimedia Design, vi proponiamo qualche interessante spunto per approfondire il magico mondo delle esperienze immersive.

Video proiezioni, facade projection, 3D mapping sono molte le definizioni utilizzate per questi spettacolari format artistici. Ma in cosa consiste il videomapping?

Il videomapping è una tecnica che permette di proiettare su spazi esistenti, come la facciata di un palazzo piuttosto che gli interni di un cortile, quindi di poter lavorare mappando precisamente al pixel l’architettura facendola vivere, ri-disegnandola con i contenuti che si vogliono comunicare. Non è quindi altro che la possibilità di ricreare delle illusioni ottiche rivestendo la superficie con la luce e facendole così cambiare anima. La puoi far crollare o puoi trovarti all’interno di una foresta, puoi quasi creare dei mondi paralleli per far sognare ad occhi aperti le persone che in quel momento stanno assistendo a questa trasformazione attraverso la luce del palazzo.
Una tecnologia molto interessante, sempre più alla portata di tutti perché i programmi che vengono utilizzati sono strumenti come il pacchetto Adobe (PhotoShop, Illustrator e After Effects), o programmi 3D come Maya, Cinema 4D e 3D Studio Max che chiunque può avere a poco prezzo. Poi entra in gioco la creatività, la capacità di saper raccontare qualcosa trasmettendo i valori del brand senza limitarsi all’effetto wow fine a sé stesso, che non basta più.

L’Augmented Reality è ormai un passaggio obbligato per i brand internazionali e in Italia?

Negli anni i festival internazionali dedicati al genere si sono moltiplicati (dal Festival of light di Berlino al Signal Festival di Praga, all’ iMapping di Bucharest, dal Glow di Eindhoven al londinese Lumiere e come dimenticare il Vivid Sidney o in Italia con i vari Festival della Luce, il Bright Festival di Firenze o il Solid Light di Roma) ma, a differenza di quanto si pensi, anche in Italia è uno strumento molto diffuso, spesso però poco pubblicizzato perché utilizzato in eventi privati e quindi solo pochi hanno avuto la fortuna di vederli.
Ricordo bene che già nel 2008-2009 si facevano grandi video-mapping, ma c’è voluto poi un altro decennio perché questo linguaggio venisse adottato e comunicato da tutti. Facebook, Instagram e tutte le piattaforme digitali hanno segnato una svolta in questo settore, rendendo un evento pubblico, social.
A livello mondiale e nel settore specifico del Fashion è stato il 4D Mapping Ralph Lauren a segnare la svolta nel fashion system, seguito da Zegna, Armani, Gucci, Ferragamo e molti altri. Un videomapping urbano per il lancio di uno store newyorksese del brand. Al di là del fatto che fosse molto ben realizzato, probabilmente la forza dirompente in quel caso fu proprio la comunicazione dell’evento: la grande aspettativa creata prima e i milioni di visualizzazioni ottenuti poi su youtube.

Parlaci della tua esperienza nel mondo moda…

“Emozione” era il nome del profumo che la Salvatore Ferragamo Parfums ci chiese di lanciare a livello mondiale. Un prodotto per un target femminile adulto, una donna con un vissuto. Le linee guida prevedevano una comunicazione semplice, di immediata comprensione. La nostra prima idea è stata quella di far raccontare alla protagonista quali erano le cose che potevamo emozionare una donna oggi: trovarsi davanti ad un tramonto, il fruscio delle foglie, il vento tra gli alberi, le emozioni evocate da musica e poesia. Con l’aiuto di un autore inglese abbiamo scritto un testo poi recitato in prima persona dalla modella sulle note di Ludovico Einaudi e tradotto in elementi grafici grazie al videomapping. Sul finale, la bottiglia del profumo emergeva da uno schermo d’acqua di fronte a Ponte Vecchio.
Questo spettacolo è stato realizzato per la prima volta a Firenze ma la richiesta del brand fu quella di studiare un format modulabile per essere riproposto in varie location mantenendo una forte identità. Il giorno dopo lo abbiamo quindi ripetuto all’interno di un teatro per un meeting con gli stakeholder internazionali e, in settembre, a Milano durante la settimana della moda in cui abbiamo avuto la fortuna di ospitare il maestro Einaudi dal vivo, rendendo l’esperienza ancora più unica e suggestiva. Poi una serie di videoinstallazioni immersive in molte città del mondo, tra cui Monaco di Baviera, Cannes, Seul, Tokyo, Città del Messico e Beijing.
Recentemente abbiamo poi avviato un nuovo progetto, Envisioning the Future, una serie di installazioni artistiche mix-mediali che reinterpretano in chiave concettuale e tecnologica le fragranze dei profumi Ferragamo garantendo un’esperienza coinvolgente ed innovativa sia nel linguaggio che nella fruizione.

Cosa intendi per “esperienze immersive nell’arte”?

Le nostre sono nuove modalità di comunicare le opere dei grandi maestri del passato utilizzando i linguaggi e le tecnologie contemporanee. Da Monet a Klimt, da Caravaggio a Van Gogh, fino alla più recente Inside Magritte, quello che facciamo è prendere l’iconografia di un pittore, eliminare il quadro in quanto tale, fatto di tela ad olio o acquarello, ed inserire un elemento per noi fondamentale: la luce. In questo modo è possibile ricreare lo stesso spirito e la stessa forza comunicativa del dipinto attraverso una nuova scenografia, fatta di riflessi, colori e forme. Il nostro approccio consiste nello studiare un’artista, comprenderne il messaggio ed avvolgerci le persone…un po’ come se potessi vivere il periodo aureo di Klimt.
È una rilettura del passato da parte degli artisti contemporanei: come Picasso poteva rifare Velasquez, noi facciamo questa reinterpretazione linguistica che avvicina queste iconografie alle nuove generazioni che ne fruiscono in un modo completamente nuovo rispetto alla visita ai musei. Dai quadri piccoli pensati per le case borghesi, si passa ad un’esperienza altrettanto interessante, in un’architettura che contiene il pubblico.

Tre parole chiave per avere successo in questo settore?

Stupire, interessare ed emozionare. Ogni spettacolo deve lasciare un buon ricordo agli invitati. Seguire le correnti internazionali è importante ma occorre inventare sempre qualcosa di nuovo, senza mai banalizzare il mezzo, apparentemente facile per ottenere l’effetto wow, che comunque non può mancare!


Cecilia Bidorini

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