Fashion Journal

Archivi Moda

Il valore dell’heritage marketing per le aziende e il territorio

Conservare la propria memoria non significa cercare ricette per il futuro, ma accumulare un patrimonio di idee ed esperienze. Un contenitore di testimonianze che arricchisce il valore dell’azienda, aiutandola a essere protagonista nel presente.

Così si esprimeva un nome noto a economisti, storici e archivisti come Tommaso Fanfani, in relazione al patrimonio storico delle imprese, collegando magistralmente memoria e futuro come lasciapassare per l’affermazione nel presente. É proprio in questo dialogo ideale che si concentrano i numerosi significati che ruotano attorno agli archivi di impresa, siano essi di moda o di altro settore. Perché è la custodia del proprio saper fare, quindi anzitutto dei prodotti di un’azienda, a restituirne plasticamente la levatura. È quindi un preciso dovere valorizzarli per portarli all’attenzione del pubblico di riferimento.

Di questi argomenti trattano due recenti volumi, che indagano, attraverso numerosi e autorevoli casi di studio, il ruolo degli archivi aziendali all’interno del dibattito culturale e sociale del Paese. Tra gli autori, Giorgetta Bonfiglio-Dosio e Marco Montemaggi, anche docenti del corso Archivi della Moda. Marketing per l’impresa, in streaming dal 24 al 26 febbraio 2021.

Brand heritage marketing: la chiave per differenziarsi dai competitor

In questo senso, la definizione di heritage marketing si presta a spiegare come e perché sia possibile e auspicabile che le imprese con una storia importante mettano a reddito il loro patrimonio, facendolo diventare uno strumento di branding e comunicazione a beneficio della propria reputazione sociale e commerciale. Le strategie di marketing applicate al lascito industriale costituiscono infatti uno strumento per differenziarsi dai competitor e al contempo una risorsa, per la capacità di raccogliere consensi e generare un importante ritorno reputazionale agli occhi di consumatori, stakeholder e investitori.

Per riuscire in questo obiettivo le aziende devono investire nella loro memoria. Non si tratta esclusivamente di uno sforzo di natura economica, ma di sposare un piano di intenti che le aiuti ad affrontare sfide del mercato e trasformazioni sociali. In tal senso, gli archivi di impresa possono diventare asset dotati di valore da rigenerare continuamente attraverso la messa in atto di nuovi e più efficaci metodi di rilancio commerciale e valoriale.

Sono ormai numerose le aziende italiane ad averlo capito, prodigandosi per dare concretezza a questi propositi. Se è vero però che tutte le imprese sono dotate di una storia più o meno lunga, non è altrettanto lecito riconoscere indiscriminatamente a tutte un heritage. Se inteso come un portato di valori anche culturali legati all’identità di marca, è infatti da leggere come una caratteristica singolare e preziosa. Per questa ragione, devono essere chiamati a disporne professionisti in grado di analizzare e comprendere il brand heritage, al fine di far conoscere, collezioni e archivi aziendali, restituendoli all’esterno con il giusto grado di consapevolezza e attrattività commerciale.

Archivi della moda. Heritage marketing per l’impresa

Gli archivi di impresa danno forma al territorio: brandscape e comunità

L’ultimo in ordine di tempo tra i volumi sopra citati è ARCHIVI D’IMPRESA. Archivisti, storici, heritage manager di fronte al cambiamento curato da Giorgetta Bonfiglio-Dosio, ordinaria di archivistica, Carolina Lussana, direttrice della Fondazione Dalmine e Lucia Nardi, responsabile dell’archivio Eni. Una raccolta di riflessioni sull’ordinamento, la conservazione, la tutela e l’uso di questi strumenti per promuovere nuove e più efficaci forme di valorizzazione della straordinaria eredità culturale di cui sono testimoni.
Il volume ha il pregio di riaprire il dibattito scaturito nel lontano 1972 dall’indagine sulla dignità documentale degli archivi di impresa. Fa il punto sui progressi e le trasformazioni intercorse da allora e via via stratificate nelle attività di molte grosse aziende nate nel secolo scorso.

Insieme ad altre, come la Pirelli o il Gruppo Zegna, l’impresa siderurgica Dalmine (oggi TenarisDalmine, quale parte di un gruppo mondiale) ha costituito la sua Fondazione già nel 1999. L’obiettivo, perseguito con costanza negli anni: promuovere la cultura industriale attraverso un’ampia gamma di attività che coinvolgono l’archivio e il suo legame con il territorio. Ed è proprio quest’ultimo a fare della Fondazione Dalmine un perfetto trait d’union con il secondo dei volumi da poco usciti: COMPANY LANDS. La cultura industriale come valore per il territorio.

L’intento di questo volume è raccontare come la cultura industriale sia un valore a beneficio della comunità e non solo della singola azienda che rappresenta

Così l’autore Marco Montemaggi commenta la scelta del titolo. L’allusione è alla descrizione di un Paese fatto di territori industriali che sono stati e continueranno ad essere lo specchio delle trasformazioni sociali e tecnologiche insite nelle aziende in essi radicati.

Spostare l’attenzione dalle manifatture ai territori circostanti non significa dunque sminuirne il posseduto storico, ma valorizzare la comunità che ha visto crescere quella realtà economica, contribuendo a plasmare un vero e proprio brandscape. Questo neologismo allude alla capacità della marca di esprimere l’identità stessa di un territorio. Un processo che avviene grazie alla messa a fuoco di un sistema di valori quali fiducia, reputazione e coerenza, che contribuisce a consegnare all’esterno un’immagine competitiva del territorio, dell’’azienda e del brand che lo rappresenta.

L’archivio d’impresa, se letto in questi termini, costituisce dunque una impareggiabile leva competitiva per differenziarsi, raccontando e valorizzando la propria storia e il proprio futuro.


Claudia D'Angelo
Responsabile dell’archivio di textile design e del progetto Punto Sostenibilità della Fondazione Fashion Research Italy di Bologna, è anche curatrice del percorso Archivi della Moda e del corso Green Fashion. Necessità e strumenti per una moda sostenibile, svolgendo anche attività di consulenza e di divulgazione per la costituzione e valorizzazione degli archivi di settore. È stata inoltre responsabile dell’archivio digitale di Aeffe Fashion Group, di cui ha curato la prima costituzione. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Storia dell’arte contemporanea all’Università di Bologna ed è stata Visiting PhD presso l’Harvard University (USA), conducendo attività di ricerca sui temi della moda e dell’arte contemporanea.

LOADING