Fashion storytelling: le mostre dei brand di moda
Nel 1997 The National Storytelling Association (NSA) ha definito il termine storytelling come “The art of using language, vocalization, and/or physichal movement and gesture to reveal the elements and images of a story to a specific, live audience” (Kendall F. Haven, Super Simple Storytelling: A Can-do Guide for Every Classroom, Every Day, Greenwood Village).
Una metodologia, basata sull’interazione e il coinvolgimento del pubblico, sempre più usata sia in ambito culturale che commerciale. Ecco alcuni esempi di applicazione al settore espositivo: una breve rassegna di alcune recenti mostre italiane dedicate alla moda.
L’HERITAGE COME FONDAMENTO DI QUALUNQUE RACCONTO
Per ottenere un buon risultato espositivo, ovvero riuscire a colpire l’emotività del pubblico, è necessario avere a disposizione una storia da raccontare, che non si può certamente inventare: bisogna possederla.
L’ultima mostra della Fondazione Gianfranco Ferré “Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: gioielli e ornamenti” (Torino, Palazzo Madama, 12 ottobre-2 aprile 2018) è la chiara dimostrazione di come la tutela della memoria consenta d’individuare sempre nuovi filoni di argomenti da sviluppare.
La passione dell’architetto della moda per l’accessorio è nota da tempo, ma se la Fondazione che porta il suo nome non avesse raccolto e organizzato tutti i documenti e le testimonianze ad essa collegati, non sarebbe mai stato possibile realizzare un’esposizione di questo genere. Mille erano i modi per raccontare l’interesse dello stilista per il gioiello, trasmesso attraverso una coerente scelta dei pezzi da esporre e supportato da un adeguato allestimento. La Direttrice della Fondazione, Rita Airaghi, insieme alla co-curatrice Francesca Alfano Miglietti, ha voluto che emergesse la visione di Ferrè del gioiello come complemento dell’abito. Per questo il percorso presenta gli ornamenti accanto agli abiti-gioiello, entrambi collocati in teche-gabbie, avvolti nell’oscurità, raggruppati secondo una precisa visione alchemica.
L’INTERAZIONE DELLO SPETTATORE E IL PESO DELL’ALLESTIMENTO
Le mostre richiedono allo spettatore un’interazione che può essere di volta in volta passiva o attiva: quest’ultima senz’altro auspicabile per una maggiore immersione nella storia e per una conseguente affezione al brand.
A questo ci ha abituati negli ultimi anni il Museo Salvatore Ferragamo, che si appoggia alla creatività dello scenografo Maurizio Balò per animare la narrazione del percorso curatoriale. Quest’anno con “L’Italia a Hollywood” (Palazzo Spini Feroni, 24 maggio 2018-10 marzo 2019), curata dalla direttrice Stefania Ricci e da Giuliana Muscio, si viene proiettati in un film ambientato tra il 1915 e il 1927. Tutto sembra vero: si passa di ricostruzione in ricostruzione, sino ad arrivare nell’ultima sala dove si viene catapultati nel negozio che Ferragamo aprì nel 1923 a Hollywood, immaginando di essere in attesa di calzare una delle sue creazioni.
Altro modo per coinvolgere lo spettatore è lasciare che scopra da solo il significato del percorso, come nella mostra “Rick Owens. Subhuman Inhuman Superhuman” (Milano, Triennale, 15 dicembre 2017-25 marzo 2018), curata dallo stesso stilista, attraverso l’esposizione dei suoi “capi architettonici”. La proiezione di video di sfilata richiamanti danze tribali, l’installazione site specific di cemento, sabbia e capelli e la presenza dei suoi arredi dal sapore “primordiale”, lascia al fruitore la deduzione del rituale come fil rouge del suo mondo, della ricerca che va oltre l’uomo e di una storia che non si preoccupa del tempo. L’allestimento, unito alla narrazione, contribuisce a toccare la sfera emotiva del visitatore e quindi a conquistarlo in termini di coinvolgimento.
La Fall Winter School “Archivi della moda heritage management”, organizzata dalla Fondazione Fashion Research Italy, approfondisce il tema dell’allestimento come potente mezzo di storytelling grazie al contributo di Davide Amadei, scenografo, costumista e collaboratore negli allestimenti delle mostre del Museo Salvatore Ferragamo, che racconterà l’importanza dello studio in archivio e del rapporto con i curatori nella concezione di un percorso espositivo di successo.
Le lezioni si terranno nella sede di Via del Fonditore 12 a Bologna, dal 12 al 23 novembre,