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Archivi Moda

Come digitalizzare e catalogare un archivio

Quando si parla di processi tecnologici a servizio degli archivi, spesso si cade nell’errore di pensare alla semplice digitalizzazione dei materiali e al loro inserimento in un file system ordinato. Ma un archivio non è un database!

Una banca dati serve ad organizzare quanto si è acquisito digitalmente, ma un software di catalogo è un programma complesso che deve rappresentare l’archivio fisico. Per questo, quando si intraprende un progetto di digitalizzazione non si può prescindere da un’analisi preliminare approfondita. Occorre partire da un censimento dei documenti presenti (carte, prodotti, schizzi, ecc.) e proseguire con uno studio del legame che intercorre tra essi, ovvero il cosiddetto “vincolo” che li connette. Solo avendo chiaro il flusso di lavoro che porta alla loro produzione e lo scopo del progetto si può ragionare su come riorganizzare gli spazi a disposizione, collocando i materiali secondo un criterio logico, e ipotizzare una scheda di catalogo adeguata.

Quale software di catalogo scegliere?

Ecco che qui entrano in gioco la scelta del software di catalogo più adatto. Tanti sono i programmi a disposizione sul mercato e due le principali tipologie: nativo o open source. Nel primo caso il software viene creato ad hoc per il cliente e risponde a tutte le richieste avanzate, mentre nel secondo la licenza è libera e viene personalizzato, quindi ci si dovrà adattare ad alcune funzionalità già presenti. Il vantaggio di questa seconda scelta risiede nella maggiore garanzia di continuità nel tempo, grazie all’aggiornamento costantemente della community, e nel dialogo con altri software in vista di una futura migrazione dei dati.

Un sistema archivistico dinamico per una facile consultazione

L’aspetto che più di tutti si sta rivelando fondamentale, è la maggior dinamicità del sistema archivistico digitale rispetto a quello tradizionale. Una volta creati i contesti virtuali a cui appartengono, i documenti possono essere spostati all’infinito. Non esiste più il vincolo archivistico tradizionalmente inteso, quella costruzione statica che va dal fondo al fascicolo che un tempo i software di catalogo riproducevano fedelmente.

In un archivio di un’azienda di costumi da bagno, per esempio, il bozzetto del bikini PE 2020, fisicamente si trova in uno specifico faldone. Se anche a sistema fosse proposto così, l’unico modo per rintracciarlo sarebbe conoscere l’anno della collezione. Oggi il digitale consente invece di avere lo stesso oggetto in più posizioni, pertanto rende possibile trovarlo sia cercando il faldone, sia le collezioni primavera estate. O ancora, grazie alle informazioni con cui è stato catalogato, sarebbe possibile raggiungerlo effettuando una ricerca per tipologia di capo o di autore.

Si tratta di una concezione semantica di relazioni in cui le informazioni devono essere interconnesse. In questo modo si può navigare liberamente e individuare il documento di interesse da molteplici punti. Il funzionamento è basato sulla creazione di contesti comuni (es. anagrafiche di enti, persone), utilizzati poi da più fondi.

Metadati comuni e schede ministeriali

Questi sono solo alcuni degli argomenti che toccano il mondo della catalogazione digitale. Un’altro aspetto fondamentale sono i metadati, elementi che tutte le schede di catalogo dovrebbero possedere per definire i campi di scheda condivisa. Questo consentirebbe in futuro anche un’ipotetica raccolta da parte dello Stato.

Esistono già degli standard, redatti dall’Istituto Centrale Catalogo e Documentazione) a seconda degli oggetti. Per via della loro complessità le schede ICCD non sono molto adottate dalle aziende che prediligono una catalogazione più snella che risponda alle necessità stilistico-commerciali.

Acquisizione delle immagini

Altro discorso riguarda l’acquisizione delle immagini in termini di tipologia di file, di peso e di modalità di conservazione. Nel 1998 l’ICCD ha elaborato la Normativa per l’acquisizione digitale delle immagini fotografiche che dà indicazione di acquisire in TIFF in alta risoluzione per la conservazione e la stampa e poi di abbassare in JPEG per caricare l’immagine sul software o sui siti. Il limite di questa pratica sono i grandi spazi di storage richiesti per ospitare questi file che non andrebbero mai eliminati.

Questa veloce panoramica sull’argomento digitalizzazione e catalogazione dimostra quanto questo mondo sia elaborato. Per approfondirlo, la Fondazione FRI propone un corso di specializzazione di tre giorni: Archivi della Moda. Catalogazione e digitalizzazione, in streaming dall’11 al 13 novembre 2020.


Silvia Zanella
Archive Assistant dell’archivio della Fondazione Fashion Research Italy di Bologna, si è occupata della catalogazione e del condizionamento dei diversi fondi archivistici sin dalla loro costituzione, svolgendo anche attività di formazione sulle tematiche dell’archivistica di moda e dei processi di stampa tessile. Ha conseguito la laurea magistrale in Storia dell’Arte presso l'Università di Firenze e nella medesima città ha svolto uno stage post laurea presso il Museo Salvatore Ferragamo, dove ha collaborato all'organizzazione della mostra Un palazzo e la città, affiancando le attività della Direzione.

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