Atelier Fontana: una storia di stile
Roberta Lami Fontana, figlia di Giovanna e presidente della Fondazione Micol Fontana, ci svela alcune curiosità sulla storia dell’Atelier di Alta Moda che ha decretato l’affermazione del made in Italy come sinonimo di eccellenza, sartorialità e di uno stile indiscusso che ha dato vita al sogno della moda italiana nel mondo.
Un’eredità fatta di esperienza, manualità e sapere che rivive ancora oggi attraverso le pellicole e le grandi dive degli anni ‘50, e che Roberta Lami Fontana tramanderà agli studenti della quinta edizione del corso Archivi della Moda di Fashion Research Italy, in partenza a Novembre.
L’atelier delle Sorelle Fontana deve il suo successo anche al cinema: qual è il film tra i tanti al quale è più affezionata?
Sono tantissimi i film e le attrici legate alla storia della sartoria delle Sorelle Fontana, ma forse molti non sanno che è stata anche protagonista di Le ragazze di piazza di Spagna, una pellicola di Luciano Emmer del 1952, che raccontava la storia di tre ragazze di estrazione popolare che proprio nell’atelier lavoravano come sarte. Al di là della sceneggiatura, che sicuramente non era dedicata alla moda da un punto di vista tecnico, la sartoria delle Sorelle Fontana, che nel giro di pochi anni era passata da 20 a 300 dipendenti, forse rappresentava proprio i sogni e le speranze delle giovani generazioni del dopo guerra e simboleggiava la nascita di uno stile che sarebbe diventato famoso nel mondo.
Un capo su tutti che simboleggia la vostra sartoria?
Tra i capi iconici bisogna sicuramente ricordare il cosiddetto “pretino”, realizzato per Ava Gardner nel 1956. Nacque guardando un gruppo di seminaristi che giocavano sulla scalinata di Trinità dei Monti e fece scalpore per il forte dualismo tra gli ideali di castità e di femminilità che simboleggiava. Da un lato l’abito era molto pudico e copriva interamente il corpo, dall’altro le linee si adattavano perfettamente alla figura femminile, esaltando le forme prorompenti dell’attrice in un mix di fortissimo impatto, soprattutto per l’epoca. Basti pensare che lo scorso anno è stato esposto al MET di New York in occasione della mostra Heavenly Bodies – Fashion and the Catholic Imagination dedicata al legame tra moda e religione cattolica.
Oltre alle produzioni per il grande schermo, l’heritage firmato Fontana è rappresentato anche da stupendi abiti da sposa, poi diventati celebri…
Il matrimonio di Linda Christian con Tyron Power, celebrato a Roma nel 1949, fu un evento fondamentale per l’affermazione delle produzioni delle Sorelle Fontana perché rappresentò un evento mediatico senza precedenti e diede ampissima visibilità all’atelier, soprattutto oltreoceano. A 70 anni dal prestigioso evento questo abito è ancora protagonista di mostre ed eventi e proprio in questi giorni, fino al 3 Novembre, rivive in tutto il suo autentico splendore della mostra Bulgari, la storia, il sogno presso Palazzo Venezia a Roma.
Negli anni successivi, tra i tanti abiti da sposa, mi viene in mente quello per Maria Pia di Savoia, figlia di Umberto II, per Margaret Truman, figlia dell’ex presidente americano, e per Angelita Trujillo, figlia del dittatore di Santo Domingo.
Nel 1952 fu la volta di Audrey Hepburn che decise di sposarsi con il ricco e famoso playboy londinese James Hansen. L’abito da sposa per l’occasione lo ricordiamo ancora per una storia particolare: le nozze furono annullate e la Hepburn chiese a Micol di regalare l’abito ad una ragazza della sartoria in procinto di sposarsi e che non avrebbe mai potuto permetterselo.
Ava Gardner, un’attrice che è diventata amica di sempre…
Tra le clienti del grande schermo non si può non menzionare Ava Gardner che era una cliente fissa e una grande amica, oltre alla già citata Linda Christian che ha giocato un ruolo cruciale, non solo in termini di visibilità legata alle sue nozze, ma anche perché l’anno successivo l’attrice invitò personalmente le sorelle Fontana a Hollywood, dove fu organizzata la prima sfilata italiana alla presenza di molte star americane. Fu l’inizio di un’escalation che decretò il successo nel mercato americano non solo dell’atelier, ma più in generale del Made in Italy. E proprio come rappresentanti ed ambasciatrici della moda italiana, le sorelle Fontana nel 1958 furono invitate alla Casa Bianca durante la conferenza intitolata La Moda nel Mondo.
Avevate degli illustratori per i vostri disegni, tra cui anche un giovanissimo Renato Balestra?
Le sorelle Fontana erano prima di tutto delle sarte e le illustrazioni per i nuovi abiti erano dunque disegni di progetto che servivano per lo sviluppo del capo e spesso andavano perduti nelle successive fasi di produzione. Il fitting degli abiti veniva eseguito direttamente sul corpo delle donne, da mani esperte che sapevano come maneggiare e plasmare la stoffa per enfatizzare le forme femminili: dietro ogni creazione c’erano ore di ricerca, studio e prove con spilli e imbastiture.
In quegli anni, i bozzetti di moda venivano invece realizzati da veri e propri disegnatori, con una formazione accademica artistica e servivano per la pubblicazione sulle riviste di moda o per i rivenditori, per esemplificare i volumi degli abiti, le linee ed i colori. Erano curati principalmente da Antonio Pascali e da Renato Balestra che, ancora giovanissimo, aveva già uno stile molto riconoscibile: stilizzava la silhouette femminile allungandola fino a farla diventare molto sottile e privilegiava l’abito, sempre raffigurato frontalmente, a differenza del viso che più spesso compare di profilo.
Oggi tutti questi capolavori sono custoditi nell’archivio della Fondazione. Di cosa si occupa?
La Fondazione Micol Fontana è stata istituita nel 1994 e dichiarata dal Ministero per i Beni Culturali archivio di notevole interesse storico. E’ stata voluta dalla stessa Micol per rendere omaggio al lavoro delle tre sorelle e raccontarne la storia. Oggi prestiamo i nostri abiti ai più grandi musei del mondo in occasione di mostre ed eventi, perché la moda è cultura e pertanto pensiamo che vada conservata, tutelata e tramandata. L’archivio è composto da circa 400 abiti ma è un numero costantemente in crescita grazie alle donazioni degli eredi delle donne a cui quegli abiti sono appartenuti. Negli anni abbiamo poi catalogato una vastissima raccolta di figurini, fotografie, ricami ed accessori: una memoria storica al servizio delle nuove generazioni.
In quest’ottica ci occupiamo, oltre che dell’archivio storico, anche dell’organizzazione di incontri, lezioni e seminari per studenti di Accademie e Università di moda, per far comprendere ai futuri designer cosa si nasconde dietro ogni abito di alta moda, simbolo dell’eccellenza artigianale italiana.