L’archivio di moda in mostra. Le modalità di celebrazione espositiva dell’heritage
La moda è di per sé un linguaggio imbevuto di contenuti anzitutto estetici, che si prestano alla perfezione ad essere valorizzati in chiave espositiva. Non solo perché “intrattengono” con modellazioni spettacolari e materiali di pregio, ma perché sono portatori di una narrazione culturale profondamente trasversale, che spazia dalla creatività stilistica, alla territorialità delle lavorazioni e si arricchiscono – soprattutto in Italia – di una tradizione di lunga data che diventa heritage.
Certamente non tutti i brand di moda possono vantare un sistema di valori che contribuisca a tramandare nel tempo l’identità dell’azienda, ma quelli che sanno di possederlo hanno già da tempo messo mano alla loro storia, dedicandosi alla costituzione, alla catalogazione e alla cura del proprio archivio di impresa.
In ambito aziendale, l’obiettivo finale è sempre trasformare il proprio passato in un asset capace di generare profitto, ma sono diverse le ricadute reputazionali che possono derivarne e passano tutte attraverso la valorizzazione dell’archivio. Strategie di re-branding di prodotti iconici, progetti di marketing digitale, la ripresa di campagne pubblicitarie celebri e, naturalmente, la creazione di mostre tematiche che elaborano il loro concept attorno ai materiali d’archivio sono tutte strategie volte a posizionare il brand come portatore di valori culturali che possono rivelarsi trainanti anche a livello commerciale.
Per meglio comprendere queste premesse, è interessante verificare schematicamente le più convincenti tra le modalità espositive che hanno scelto le Maison del nostro Paese per celebrare la propria brand identity. Questi e molti altri aspetti legati alla valorizzazione aziendale attraverso gli strumenti narrativi forniti dall’archivio di moda, saranno approfonditi da punti di vista diversi durante il modulo Conservazione ed esposizione dei materiali del più ampio percorso Archivi della Moda di cui sono curatrice, che si terrà dal 10 al 12 febbraio 2021.
La mostra didattica che celebra gli elementi iconici. SERPENTIform. di Bulgari
Inaugurata per la prima volta a Roma nel 2016, SerpentiForm è stata la mostra che Bulgari ha ideato e portato in giro per il mondo per celebrare il più riconoscibile tra gli elementi che l’hanno resa una delle più prestigiose Maison di alta gioielleria internazionale: il serpente.
Introdotto per la prima volta nelle creazioni degli anni ‘40, ritorna ad ogni collezione in tutta la sua audacia diventando un potentissimo simbolo di identità di marca che Bulgari coltiva da più di 20 anni lavorando alla costituzione, ma soprattutto, alla crescita del suo archivio storico, anche attraverso il recupero sul mercato dei pezzi iconici non più in suo possesso.
La particolarità di questa declinazione espositiva non risiede nella mera celebrazione del fascino seduttivo del serpente, ma nella scelta di trasformare la mostra in un’occasione didattica. L’eclettico percorso ideato dalla Maison romana, infatti, non si limitava ad esporre una dopo l’altra le più grandi creazioni orafe legate al serpente, ma snocciolava il tema tra le opere dei più grandi maestri dell’arte moderna e contemporanea, spaziando dal design alla moda, dalle arti decorative alla fotografia, a dimostrazione della solida stratificazione culturale che si cela dietro alla scelta del rettile come simbolo di brand awareness.
La mostra retrospettiva che esalta il prodotto di punta. Coats! by Max Mara
La mostra che dal 2006 gira per i musei portando l’italianità nel mondo, è stata concepita da Max Mara come un vero e proprio viaggio nella storia dell’iconico cappotto lanciato dalla casa di moda di Reggio-Emilia negli anni ‘50. Attraverso ambienti densi di oggetti, prodotti, video e suoni, Coats! – grazie al materiale scrupolosamente conservato dal 2003 presso il BAI Max Mara, ovvero la Biblioteca e Archivio d’Impresa dell’azienda (ca. 350.000 oggetti, tessuti, schizzi, capi e accessori, fotografie, materiale a stampa) – riesce a raccontare in maniera straordinariamente efficace l’intuizione del fondatore Achille Maramotti, che trasformò il più classico dei capi maschili – il capospalla – in un irrinunciabile pezzo del guardaroba femminile.
Di più, perché il suo cappotto color cammello è ormai un’icona di stile ed eleganza senza tempo, la cifra stilistica che puntella la brand identity dell’azienda emiliana, raccontando la qualità manifatturiera del territorio e, quindi, del Made in Italy.
La mostra-evento multibrand. Bonaveri, a fan of Pucci
In occasione di Pitti Uomo 2018, l’azienda emiliana Bonaveri e la Maison fiorentina Emilio Pucci hanno celebrato un riuscitissimo incontro tra stile e artigianalità. La splendida cornice di Palazzo Pucci, nel cuore di Firenze, ha fatto da sfondo ad un racconto puntuale, ricco, variopinto, delle storie che si celano dietro al successo dei due brand.
Se Bonaveri può contare sulle elegantissime linee dei suoi manichini più famosi – che valorizzano da decenni le vetrine dell’alta moda internazionale – in questo percorso a ritroso, Pucci ha dalla sua l’incredibile patrimonio storico custodito dalla Fondazione Archivio Pucci.
Un’altra delle vie per costruire la propria brand identity, infatti, può essere l’istituzione di un organismo esterno all’azienda, votato alla rincorsa di obiettivi esclusivamente culturali. Con oltre 15.000 abiti, 20.000 tessuti, centinaia di accessori, più di 400 schizzi e bozzetti, corrispondenza e rassegna stampa, l’archivio Pucci è in grado di “mettere in scena” uno storytelling aziendale straordinario, che infatti ha reso questa mostra fatta di esplosioni cromatiche un tributo al lusso e alla sapienza artigiana che lo alimenta.