Archivi di Ricerca Mazzini: tra ricerca del passato e sguardo al futuro
Quando s’immagina un archivio, la mente visualizza un enorme contenitore denso di memoria. Gli Archivi di Ricerca Mazzini materializzano la fantasia e ci conducono in un luogo che profuma di storia, ma non si cristallizza nel passato continuando a vivere nel presente. Sono la passione, l’attitudine al cambiamento e lo spiccato fiuto imprenditoriale del suo fondatore, Attilio Mazzini, ad avere generato questo spazio che attualmente accoglie più di 400.000 pezzi, tra capi e accessori. Un patrimonio inestimabile, divenuto punto di riferimento per i professionisti del mondo della moda e regolarmente visitato da studiosi e creativi di tutto il mondo.
Abbiamo avuto l’opportunità di visitare gli Archivi Mazzini nell’ambito del workshop finale del Master in Design & Technology For Fashiob Communication di Unibo e FRI, che ci condurrà alla realizzazione di una mostra di moda, dove non potevano mancare alcuni pezzi di questo straordinario archivio.
Scopriamo come tutto ha avuto inizio.
Signor Mazzini, quando ha iniziato a collezionare capi?
Negli anni Settanta, dopo aver iniziato a collaborare con l’impresa di famiglia, attiva nel campo della vendita d’abbigliamento. La mia passione era comprare capi difficili, se non impossibili, da vendere. Collezionavo pezzi che con molta probabilità nessuno avrebbe acquistato e li mettevo da parte. All’epoca raccoglievo tutto ciò che catturava la mia attenzione, senza un preciso criterio. Solo in seguito il mio interesse si è rivolto sempre più sui designer contemporanei.
Ed è così che, avendo avuto il privilegio di poter unire passione e lavoro, sono riuscito a conservare pezzi che hanno fatto la storia dell’haute couture e del prêt-à-porter.
Qual è stato il punto di svolta durante il suo percorso?
Erano gli anni Ottanta, quando decisi di ritirare il guardaroba usato dei clienti della mia boutique, in molti aderirono in cambio di uno sconto sulle nuove collezioni, consegnandoci sacche piene di capi acquistati in passato. Questa operazione mi permise di ritirare capi e accessori dal notevole contenuto stilistico e di incrementare le vendite sul prodotto nuovo. Iniziai inoltre ad andare in giro per il mondo per allargare in maniera sistematica la mia collezione. Ma il vero punto di svolta è stata la conoscenza della mia collaboratrice, Carla Marangoni, che mi aiutò a concretizzare l’idea del progetto d’archivio.
Chi visita il suo archivio? Come viene utilizzato?
È principalmente un luogo dove gli addetti ai lavori del campo della moda possono selezionare e noleggiare materiale con fini di studio o di ricerca. I miei primi clienti sono stati produttori di jeans, oggi, invece, è visitato dai designer delle più importanti maison in cerca di ispirazione per le collezioni future.
Quale ritiene sia il supporto che le realtà archivistiche possono fornire agli stilisti?
Nella moda è tutto molto rapido, a volte basta semplicemente un viaggio per trovare idee e stimoli da sfruttare per orientare una nuova collezione, ma bisogna trasformare l’astratto in qualcosa di tangibile. Ed è qui che entra in gioco la potenza dell’archivio: la possibilità di toccare fisicamente i capi, di guardarli da vicino, traendone ispirazione sia dal punto di vista dello stile sia delle tecniche di lavorazione. Gli abiti sono in continua comunicazione con l’osservatore.
Progetti per il futuro?
Il nostro archivio non è un ambiente statico ancorato al passato, ma in divenire, in continuo movimento e aperto all’evoluzione e al rinnovo. Attualmente siamo riusciti a convogliare tutta la nostra collezione in un unico spazio, ancora in fase di completamento. Per il futuro vorremo dedicarci alla catalogazione di tutta la nostra collezione.