Fashion Journal

Fashion Tech & AI

Creative Hub Bologna, il Metaverso diventa uno spettacolo

Moda e Metaverso. L’avvicinamento del fashion system alla nuova realtà virtuale è già ben avviato da parte dei brand di primo piano, ma ora si aprono interessanti prospettive di sviluppo anche a livello formativo, per sfociare fino all’intrattenimento e al gaming, grazie alla collaborazione, all’interno di Clust-ER Create di Regione Emilia Romagna, tra realtà che operano in ambiti diversi. C’è Fondazione Fashion Research Italy, hub dedicato alla valorizzazione delle eccellenze manifatturiere attraverso l’alta formazione professionale/manageriale e la custodia degli archivi. C’è Mister Smart Innovation, partner focalizzato sugli aspetti più tecnologici e del quale abbiamo già raccontato la realtà.

E c’è un terzo player, focalizzato sui servizi per le industrie creative, che andiamo a conoscere da vicino attraverso l’intervista con il suo founder, Massimiliano “Max” Magagni. Si tratta di Creative Hub Bologna, con sede “fisica” a Bologna in zona Roveri, attivo dal 2021 come Centro polifunzionale della filiera musica, cultura e creatività. Il progetto che ha dato forma e vita a questo polo creativo è stato co-finanziato con le risorse del Programma regionale attività produttive della Regione Emilia Romagna.

È quasi superfluo precisare che senza Magagni nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Stiamo parlando infatti di un artista e musicista che ha vissuto tante vite e lo ha fatto a livello internazionale, vivendo a lungo negli Stati Uniti e a Londra, ma anche fondando nel 1999 la Music Academy che nacque come unica filiale italiana del Los Angeles Music Academy, diventando così il precursore in Italia nella divulgazione delle qualifiche europee. Con lui abbiamo ragionato anche sui passi che la moda dovrà fare per adeguarsi alla contemporaneità, che determina la nascita di paradigmi decisamente diversi rispetto al recente passato.

Come nasce Creative Hub Bologna e con quali obiettivi?

Tutto parte dall’esperienza di Music Academy, oggi rinominata Creative Hub Academy che ormai ha più di 25 anni alle spalle, e dall’esigenza di potenziare quello che rappresenta, di fatto, un progetto di formazione, creando una sorta di chiusura del cerchio per i nostri studenti. Mi spiego meglio: in questi anni, abbiamo generato e formato tantissimi talenti, e da tempo avvertivamo l’esigenza di collaborare con enti pubblici e aziende private per inserire con successo queste risorse umane nel mercato. Così, quando è arrivata la pandemia e tutti siamo stati costretti a chiuderci in casa, mi sono messo davanti al computer, aprendo quelle cartelle che da tempo erano chiuse in attesa di riflessioni adeguate. Tra quelle cartelle c’era tutto il progetto che, al termine di un adeguato approfondimento, ci ha permesso di partecipare, con successo, a un bando della Regione Emilia Romagna che ha utilizzato fondi europei per lo sviluppo del territorio. Nel 2021 ha preso il via l’attività di Creative Hub Bologna, incubatore di talenti e startup. E nel 2022 abbiamo inaugurato la sede di via del Tappezziere 4, praticamente a due passi da quella di Fondazione Fashion Research Italy.

A livello di risultati, quali sono gli stati più significativi finora ottenuti?

Direi tutto l’ambito della ricerca. Per noi la formazione è un concetto che si affianca alla ricerca ed è per questo che collaboriamo con il Centro Ricerca Industrie CUlturali e Creative dell’Università di Bologna e con tantissimi operatori delle industrie culturali e creative, che rappresentano ormai la nostra grande famiglia, per comprendere le esigenze del mercato sotto vari punti di vista, da quello tecnologico all’impatto sociale, fino alle tematiche connesse alla sostenibilità. Il collegamento con la rete ICC ci ha permesso di offrire la possibilità ai nostri studenti di effettuare gli stage in azienda, che rappresentano una sorta di “lavoro sul campo” per misurarsi con i requisiti e le richieste di mercato.

Come è nata la collaborazione con Fashion Research Italy?

Siamo entrati in contatto con la Fondazione perché ogni mese organizziamo, presso la nostra sede, un incontro B2B con aperitivo finale di networking, invitando le aziende del settore creativo a presentare la propria realtà, facendosi così conoscere a una platea formata da altre aziende. Questi incontri funzionano perché, dopo tanto tempo passato davanti al computer, è importante potersi conoscere e sviluppare nuove iniziative sinergiche con le persone con le quali si crea una sorta di empatia. E con Fondazione Fashion Research Italy è andata esattamente così.

Cosa nascerà da questa collaborazione?

Lo sviluppo riguarda il Metaverso. Con la Fondazione e con MISTER Smart Innovation abbiamo unito le rispettive competenze: la moda per Fashion Research Italy, lo sviluppo tecnologico per MISTER Smart Innovation e tutto quello che riguarda la musica e gli spettacoli dal vivo nel nostro caso. Nascerà una sorta di hub virtuale che rappresenta l’unione delle nostre tre anime e uno spazio totalmente nuovo che sarà poi riempito di contenuti innovativi ed emozionali.

Quali evoluzioni potranno esserci dall’interazione tra fisico e virtuale?

Gli spazi sono già pronti, e non abbiamo voluto costruire cattedrali nel deserto per realizzare situazioni fini a se stesse o statiche: sarà tutto in divenire e le attività verranno condivise per dare origine a progetti nuovi come ad esempio, soffermandoci al nostro mondo musicale, un contest di talenti. Lo realizzeremo nel nostro spazio fisico e verrà poi inserito in quello virtuale, come se fosse un canale televisivo caratterizzato però da un layout molto più accattivante di quello televisivo 2D, grazie all’utilizzo di sistemi come Oculus o similari. Lo stesso potrà fare, per esempio, Fondazione Fashion Research Italy per le sue iniziative, come le sfilate. Tutto questo avrà un grande successo tra i più giovani.

Lei ritiene che la moda, attualmente alle prese con una fase congiunturale complessa, sia entrata in difficoltà anche per una sorta di “scollamento” rispetto ai temi contemporanei? In sostanza, l’involuzione potrebbe essere il frutto di una perdita di vista della realtà?

La moda ha sicuramente avuto, negli ultimi anni, la fortuna e la capacità – che altri settori creativi non hanno avuto – di vivere uno sviluppo commerciale importante. E a quel punto, comprensibilmente visti gli introiti, che bisogno c’era di investire in altri ambiti? Poi però i tempi cambiano e le persone anche… Cambiano le abitudini, gli interessi, gli status quo: oggi per i giovani, più che una borsa estremamente costosa e difficilmente acquistabile, conta una foto ben ritoccata, da veicolare a livello social. È un nuovo status quo. Viviamo una fase di transizione, dove l’utenza è molto mobile e volubile, e le aziende devono essere particolarmente attente nel percepire gli spostamenti, le sensibilità delle popolazioni e delle persone che sono in forte sviluppo. Per noi che viviamo il mondo della musica, storicamente povero (a parte i grandi artisti e le major), fatto di micro imprese e fatturati minimi, è abbastanza normale adattarsi rapidamente e cercare di sopravvivere ai grandi cambiamenti. Mentre per chi è sempre stato abituato a fatturati importanti, ed entra in una crisi di questa portata, non è semplice capire i motivi che l’hanno generata. Ma dovranno riuscirci.

 


Andrea Guolo
Giornalista professionista specializzato in economia, scrittore e autore teatrale, ha pubblicato libri per le edizioni Franco Angeli, San Paolo Marsilio, Morellini, tra cui La borsa racconta (2007, Franco Angeli), Uomini e carne. Un viaggio dove nasce il cibo (2009, Franco Angeli), Costruttori di bellezza (2014, Marsilio) e #IoSiamo. Storie di volontari che hanno cambiato l'Italia (2021, San Paolo). Fondatore e direttore di ItalianWineTour.Info, attualmente scrive per gli editori Class (Mf Fashion), Condé Nast (Vogue Italia), Gambero Rosso, Gruppo Food e per altre testate italiane ed estere.

LOADING