L’intimo sostenibile di Yamamay è protagonista al corso Green Fashion
Il brand Yamamay fa parte della nostra vita, tanto da farci immaginare che sia presente nel mercato da sempre. In realtà l’azienda è giovane, poco più che adolescente, perché la sua fondazione risale al 2001. È quindi un “millennial” della moda che in soli 22 anni ha conquistato la leadership nella vendita al dettaglio di intimo, corsetteria, lingerie e costumi di bagno. I numeri parlano chiaro: 622 negozi, di cui 145 all’estero, ai quali si aggiungono 9 marketplace e 7 shop online diretti a comporre una rete retail supportata dal modello organizzativo del management, fortemente contemporaneo e gestito con operations a livello globale. Yamamay è figlio del suo tempo e in quanto tale ha valori ben precisi, legati alla sostenibilità, che sono diventati i suoi pilastri: prodotto, persone, pianeta.
Il case history di Yamamay sarà oggetto del corso Green Fashion, organizzato da Fondazione FRI a Bologna dal 13 al 22 Aprile 2023.
Oltre il tabù del recycle
A intervenire durante il corso sarà Ida Schillaci, CSR Dept. – Head of Environmental Sustainability & ESG Reporting di Yamamay. Il suo speech sarà dedicato alla tematica della sostenibilità sviluppata attraverso il prodotto, partendo dall’innovazione dei materiali secondo i principi dell’economia circolare. “Un tempo, i filati riciclati – racconta Schillaci – rappresentavano un tabù nel nostro ambito. Stiamo infatti parlando di un prodotto come l’intimo, a diretto contatto con le parti più delicate del corpo. Dopo anni di ricerca, siamo riusciti a sviluppare materiali di recupero che rispondono a tutti i requisiti di qualità e di rispetto della pelle”. E oggi Yamamay può vantare una presenza di quota parte da riciclo anche all’interno delle proprie collezioni realizzate in pizzo, il più prezioso dei materiali per la lingerie.
Second life, una sfida da gestire anche nell’ideazione
Nell’ambito del beachwear, spicca la linea Edit, motivo d’orgoglio di Yamamay per gli investimenti effettuati nell’ambito della circolarità tessile. Edit è l’acronimo di Eco-Designed Innovative Textile, una capsule composta da un tessuto 100% mono-polimero (poliestere), di cui il 51% proviene da fonti riciclate certificate GRS. Di conseguenza, si riduce l’utilizzo di materia prima vergine a favore della riciclata la cui fonte è la plastica raccolta nel mare (Yamamay è partner di One Ocean Foundation). E non solo. Essendo realizzati in un solo materiale, i prodotti della linea Edit sono più facilmente riciclabili una volta giunti a fine vita, garantendo la circolarità. Come evidenzia Schillaci: “Le maggiori difficoltà, per chi punta all’economia circolare, riguardano proprio il recupero degli indumenti usati, essendo perlopiù realizzati con mix di tessuti . La sfida è arrivare alla creazione di un prodotto monomateriale o, in alternativa, confezionato in modo che i tessuti misti siano almeno separabili. In questo modo, riusciremo a gestire un recupero in chiave ‘second life’, con l’impiego del potenziale rifiuto come materia prima nell’ambito fashion o in altri comparti industriali, per esempio l’edilizia”. Di conseguenza, la sfida non riguarda soltanto la tecnologia legata allo sviluppo dei materiali, ma si trasferisce anche nella fase di ideazione del prodotto. Tra i partner del progetto diversi grandi nomi dell’industria tessile italiana: RadiciGroup per la produzione del filato, Carvico per la produzione del tessuto e Menphis per la stampa. A questi si aggiunge un protagonista nell’ambito della ricerca scientifica: si tratta di Ergo, spin off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per la consulenza tecnica e normativa della gestione del modello circolare.
Filiera sostenibile, dall’azienda al retail
Il concetto di sostenibilità in Yamamay va ben oltre il prodotto, come si evince dal relativo bilancio (terza edizione, 2021). Nell’introduzione il Ceo Gianluigi Cimmino evidenzia: “La nostra filosofia improntata ai principi ESG prosegue con la volontà sempre più preponderante di usufruire delle risorse naturali e promuovere il risparmio energetico che abbiamo messo in atto con il relamping e l’installazione di pannelli fotovoltaici presso l’headquarter oltreché con l’installazione di colonne di ricarica per auto elettriche e con l’introduzione nella flotta aziendale di vetture full electric”. La gestione aziendale green è tra i capisaldi del brand: 100% di carta certificata Fsc per le shopper, 13 tonnellate di CO2 evitate nell’anno, +14% di plastica certificata o riciclata nel packaging rispetto al 2021. Si aggiunge una forte crescita dell’impiego di energia rinnovabile rispetto a quella da fonti tradizionali, con l’obiettivo di arrivare al 100% ìentro il 2025. Investimenti analoghi riguardano sia la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, sia quella dei negozi. Dalla sede aziendale di Gallarate (Varese), le attenzioni del gruppo si estendono a livello globale, laddove Yamamay gestisce le operations.
Il calcolo della carbon footprint per Sculpt
“Abbiamo analizzato il ciclo produttivo della collezione Sculpt (intimo super modellante, ndr) dalla materia prima alla vendita, calcolandone la carbon footprint per capire dove intervenire per migliorarne la performance ambientale. Quel che non siamo riusciti a ridurre, lo abbiamo compensato ‘pagando’ la quota di emissioni attraverso il sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili nel Paese del sud-est asiatico di riferimento”, evidenzia Schillaci. Guardando in prospettiva, scommette sulla capacità di sviluppo della produzione sostenibile. “Oggi i costi dei materiali riciclati sono più alti rispetto ai tradizionali, probabilmente perché aumenta la richiesta ma c’è scarsa disponibilità nel mercato. La vera sfida è arrivare a una parità”.