Pillole di moda sostenibile: Bilancio di sostenibilità
Le nuove frontiere dell’economia mondiale vedono sempre più aziende predisporsi per garantire ai propri clienti, agli stakeholder e ai consumatori finali – unitamente a prodotti all’avanguardia e di qualità – un atteggiamento sempre più consapevole nei confronti dell’ambiente e della società in cui operano.
In tal senso, le imprese possono farsi volontariamente carico di una responsabilità che si attesta su diversi livelli e il Bilancio di Sostenibilità è il documento di pubblico dominio che ne registra e misura le ricadute. Si tratta infatti di una forma di rendicontazione aziendale che, sulla base del cosiddetto Triple Bottom Line (People, Planet e Profit), serve a riassumere e comunicare all’esterno tutte le dimensioni del concetto di sostenibilità:
- ambientale per la capacità di non intaccare e garantire nel tempo la riproducibilità delle risorse naturali, attraverso opportuni e programmati cambiamenti ai processi produttivi;
- sociale per l’impegno al mantenimento e all’accrescimento delle condizioni di benessere dei lavoratori e dei loro diritti;
- economica per la capacità di generare reddito e profitto e, con essi, l’offerta di un lavoro stabile e durevole ai propri lavoratori e agli stakeholder.
Se letto come uno strumento che consente alle aziende di comunicare la propria svolta green a tutto tondo, si tratta in effetti di un documento di importanza strategica per il proprio posizionamento reputazionale, da poter impiegare o ricollegare in maniera trasparente anche alle proprie azioni di comunicazione e marketing.
È Obbligatorio?
Val la pena sottolineare che, al momento, non esiste obbligatorietà per le aziende di redigere il proprio Bilancio di Sostenibilità, fatta eccezione per la direttiva europea 95 del 2014 (2014/95/UE) che prevede l’obbligo solo per «le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico (…) aventi in media più di 500 lavoratori, nel caso di un gruppo, da calcolarsi su base consolidata».
In assenza di ulteriori specifiche, il principio vigente dunque è quello del “comply or explain”: le aziende sono tenute a rendere note le loro politiche “sostenibili” o potrebbero essere invitate a spiegare il motivo del loro disinteresse.
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