Pillole di sostenibilità: Inquinamento dell’industria tessile
L’industria che ruota attorno al settore moda è la seconda più inquinante dopo quella petrolifera. Tale primato deriva dai numerosi processi che incidono sulla qualità dell’aria, dell’acqua e dalla produzione di rifiuti.
Il 10% delle emissioni mondiali di gas serra provengono dagli impianti della filiera tessile, mentre il 20% dell’inquinamento dell’acqua potabile deriva dai processi quali fissaggi, nobilitazioni e tinture. Inoltre, l’inquinamento dei mari dovuto al rilascio di microplastiche durante il lavaggio dei capi sintetici che incide nella misura del 35% sul totale di quelle presenti.
Altro grosso impatto è costituito dalla produzione di rifiuti sia in corso di lavorazione che in termini di scarto di indumenti. Quanto a questa seconda, ogni anno un cittadino europeo in media acquista circa 26 chilogrammi di abiti e ne elimina circa 11. A livello mondiale meno dell’1% viene riciclato come vestiario e circa l’87% finisce in discarica o in inceneritori.
Fortunatamente negli ultimi anni la spinta verso un maggior rispetto dell’ambiente e la necessità di vivere in modo più sostenibile sta portando i governi a imporre regolamenti che comportano l’adattamento del settore e quindi una conseguente maggiore sensibilizzazione delle aziende e un’accelerazione tecnologica.
Per esempio si sta lavorando sui processi per ridurre il consumo idrico e di sostanze chimiche, si stanno studiando materiali ecocompatibili, si è introdotto l’uso della luce ultravioletta nella tintura, il riciclo di solventi organici utilizzati nella stampa, il finissaggio senza formaldeide, la biolucidatura e tante altre.
Il dibattito è acceso e l’attenzione dell’opinione pubblica è alta per cui nei prossimi anni si vedranno delle significative azioni di miglioramento dell’impatto negativo che tutta la filiera tessile ha sull’ambiente.
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