Germana Marucelli: l’arte dell’alta sartoria italiana
Grazie ad una concezione della moda che metteva al centro la donna, traendo ispirazione dalla letteratura e dall’arte, Germana Marucelli è considerata una vera e propria maestra di stile che ha saputo anticipare i tempi dando un nuovo volto all’Alta Moda.
Abbiamo incontrato Silvia Casagrande – Responsabile scientifico dell’Associazione Germana Marucelli – in occasione della quinta edizione del corso Archivi della Moda: Heritage Management di Fashion Research Italy in cui ha portato agli studenti la propria esperienza di studio dei capi di questa grande innovatrice, antesignana della moda italiana.
Ecco alcune interessanti curiosità e aneddoti.
Era definita la sarta intellettuale: a cosa è dovuto questo appellativo?
Germana Marucelli nasce in una famiglia di grande tradizione artistica-sartoriale fiorentina e la sua passione per l’arte si perde, a suo dire, “nella notte dei tempi”. Erede di Francesco Marucelli, priore dell’arte della lana al tempo di Cosimo il Vecchio, rimane ancorata al rinascimento toscano al punto da farne uno stile di vita.
Mecenate delle arti, dal dopoguerra diviene famosa tra gli intellettuali del tempo per gli incontri culturali organizzati ogni giovedì sera nella sua sartoria milanese, a cui tutti desideravano partecipare, nonché per il Premio di poesia San Babila, fondato nel 1947, assegnato ad esponenti del calibro di Quasimodo, Ungaretti e Zanzotto.
Contemporaneamente tesse rapporti con artisti del tempo e attinge dalle arti figurative classiche e d’avanguardia l’ispirazione per i suoi capi. Negli anni ‘60 la sua attenzione verso il contemporaneo s’intensifica e dalla collaborazione con personalità di spicco nascono collezioni memorabili, come la linea “optical”, i cui motivi decorativi furono ideati in collaborazione con l’artista cinetico Getulio Alviani, così come la linea “alluminio”, a metà strada tra ispirazione medievale e futuristica, contraddistinta da corazze e corsetti in metallo.
Una passione quella per l’arte e la letteratura che Marucelli riesce a tradurre nei suoi abiti e che forse spiega la volontà di non uniformarsi, negli anni ‘70, all’avvento del prêt-à-porter, rimanendo fedele ad un artigianato di ricerca e preferendo ad un’impostazione industriale un approccio artistico, tipico dell’Alta Moda.
Si può dire che abbia anticipato il new look di Dior?
I suoi successi si devono ad un percorso iniziato quando Germana aveva 14 anni e lavorava a Firenze, presso la sartoria di famiglia, Romiti, specializzata nella riproduzione della moda francese. A partire dal 1935 il regime autarchico imponeva alle sartorie di utilizzare materie prime e figurini italiani per tutelare la produzione Made in Italy, limitando così la diffusione dello stile parigino. Quella che doveva essere una limitazione ha invece rappresentato per lei una grande risorsa, perché ha dato il via ad un percorso di ricerca orientato allo sviluppo di uno stile personale, indipendente dal modello francese.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, sfollata a Stresa, Marucelli inizia a confezionare per le proprie clienti una serie di abiti dalle linee innovative, caratterizzati da una gonna ampissima e una vita molto segnata che proponevano un modello di femminilità accentuata e morbida. Nel dopoguerra propone abiti ricchi e sontuosi, in forte contrapposizione con l’abbigliamento spartano e le ristrettezze del periodo bellico. Era la nascita del New Look, successivamente lanciato da Dior.
La donna era interprete attiva di ogni abito di cui dettava il portamento…
Per lei l’abito era uno “strumento di irradiazione del proprio io” e questo ha attirato su Germana Marucelli gli sguardi attenti di critici d’arte e giornalisti di moda. La sua ricerca stilistica, a tratti “antropologica”, si concentra nella realizzazione di abiti che non “avvolgono” la donna, ma che ne sono l’estensione e l’interpretazione. Questo concetto di moda dove la donna non è più il “soggetto passivo” da rivestire di significati, ma al contrario ne diventa la componente attiva se non addirittura la ragione e il senso era nuovo per il tempo. Marucelli era solita affermare: “Il vestito deve aiutare la donna a ritrovare sé stessa: quella sé stessa che ella va cercando nei secoli della sua evoluzione. E pertanto la moda deve essere mutevole, non per un qualsiasi capriccio, ma perché è mutevole la vita. E la donna è vita e spirito.”
In quest’ottica nel 1962, per la linea “Assira”, crea abiti in colore neutro poi dipinti a mano dall’artista Paolo Scheggi con pennellate direttamente sulla modella in movimento. Un altro esempio emblematico di questa concezione è la linea “optical”, del 1965, in cui le stampe, progettate per lei dall’artista Getulio Alviani, vengono amplificate dai movimenti del corpo in duplice e attivo scambio con l’abito.
L’attività di Germana Marucelli è oggi raccontata nel suo archivio storico e valorizzata grazie all’omonima associazione. Come è organizzato?
Oltre ad una vasta raccolta di abiti, accessori, fotografie e bozzetti, l’Archivio Marucelli ospita moltissimi documenti più personali come epistolari, scritti e diari che ne raccontano la vita oltre che l’attività di sarta. Per noi non è importante solamente catalogare e schedare ogni documento, ma studiarlo e metterlo in relazione con gli altri, al fine di contestualizzarlo, inserendolo in un percorso narrativo. Per questo motivo viene data molta rilevanza anche al panorama artistico e culturale del tempo e alle relazioni con artisti, poeti e importanti esponenti letterari: si tratta di un archivio polisemantico, proprio come lei considerava la sua attività di sarta-intellettuale, “perché la forma dell’abbigliamento è la forma dell’espressione dell’essere nel tempo”.
L’Associazione rappresenta uno sviluppo dell’Archivio Germana Marucelli e ha come scopo quello di contribuire alla promulgazione di una visione responsabile e qualificante della moda, come strumento di espressione delle donne. Per questo è particolarmente attiva anche nell’organizzazione di mostre, eventi e convegni sulla moda e l’estetica del nostro tempo e del Novecento italiano, oltre che per attività di formazione e ricerca.