Archivio tessile e moda: tipologie e professioni
Con Marinella Bianco, archivista e co-founder di Acta Progetti, nelle scorse settimane abbiamo parlato di concetto dell’importanza dell’archivio nel racconto della storia di un’azienda. In questa seconda parte dell’intervista, invece, vogliamo approfondire le particolarità di un archivio tessile e parlarne in termini di opportunità non solo per le imprese. Si tratta di un settore da scoprire anche per giovani professionisti che vogliano iniziare questo percorso ma anche per persone che vogliano riconvertire le proprie competenze, mettendosi nuovamente in gioco.
Quali sono le tipologie di archivi della filiera moda e tessile?
Viste le diverse tipologie di aziende, va da sé che anche gli archivi di questi settori siano tra i più diversi. Ci sono le aziende di filatura con la distinzione tra filo per tessere o per lavorare a maglia; quelle di tessitura: c’è differenza tra un lanificio, un cotonificio o un linificio; le stamperie tessili; i ricamifici; i cappellifici; le aziende che producono passamaneria e gli etichettifici.
In ognuno di questi archivi della filiera moda si possono trovare autentiche meraviglie: come libri campionari o disegni risalenti anche a metà ‘700 o tessuti e grafiche attualissime. Un esempio di archivio che conserva questi materiali è quello della Fondazione Fashion Research Italy dove si possono consultare .
Quali sono state le scoperte più stupefacenti rinvenute in questi patrimoni archivistici?
Nel sottotetto della Tollegno 1900 (nata nel 1862) abbiamo scoperto quasi 2 km di archivio cartaceo e 20mila tirelle di tessuto. Questa azienda comprende filatura, tessitura e tintoria e questo ci ha spesso permesso di ricostruire tutta la storia di un tessuto. In alcuni casi, siamo partiti dalla matassina fino ad arrivare all’abito firmato da famosi stilisti e fotografato per riviste di moda dagli anni ’50 agli ’80. Ma abbiamo trovato anche gli schizzi acquerellati degli stand aziendali realizzati alla Fiera di Milano tra il 1936 e il ‘37 di cui, grazie alla Fondazione della Fiera, abbiamo ottenuto anche le fotografie.
Nell’archivio di Nino Cerruti abbiamo trovato gli abiti indossati dalle star di Hollywood, come Jack Nicholson e Richard Gere, in film che hanno fatto la storia del cinema o anche le tute dei piloti di Formula 1 prodotte dalla Hitman.
Spesso si incontrano anche nomi di grandi illustratori, come Dudovich, che hanno disegnato i manifesti pubblicitari della prima metà del ‘900. L’archivio Lanerossi per esempio conserva meravigliose grafiche antiche e le campagne di Armando Testa.
All’archivio Frette, che risale al 1860, mi sono invece incantata di fronte alle messe in carta, vale a dire i disegni per realizzare il tessuto jacquard realizzati per le forniture di biancheria all’Orient Express o delle tovaglie per la Casa Reale.
Ogni archivio è una miniera che non smette mai di stupire.
Chi attinge all’heritage di un’impresa tessile?
Ci sono gli studiosi, gli studenti che preparano le loro tesi ma anche tantissimi addetti ai lavori. Parlo degli stilisti o dei disegnatori di tessuti, una categoria che ha sempre attinto dall’heritage.
Ho accompagnato molti clienti negli archivi delle imprese tessili e, avendo visto con i miei occhi le loro reazioni di grande stupore, penso che questi luoghi, se fossero aperti al pubblico, avrebbero un enorme potenziale turistico. Un archivio tessile può anche essere dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica e diventare un bene culturale. Un requisito non banale che permette tra l’altro anche di intercettare finanziamenti pubblici per le attività che lo vedono protagonista.
Quale deve essere il ruolo delle istituzioni nella valorizzazione degli archivi della moda Made in Italy?
Bisogna continuare a tenere alta l’attenzione sul mondo degli archivi di moda con il coinvolgimento non solo di comuni o regioni ma anche delle associazioni degli imprenditori e delle Camere di Commercio.
Quando un’azienda capisce il valore del suo archivio allora comincia a investire. Si tratta di un fondamentale asset per il marketing e la comunicazione. Faccio un esempio: le scoperte nate dall’heritage sono molto accattivanti da portare alle fiere perché affascinano i clienti che poi avranno la possibilità di vedere tutto dal vivo quando andranno in azienda.
Il valore economico dell’archivio, di cui noi rilasciamo una perizia, può essere inserito nel bilancio integrato e può anche costituire il patrimonio per creare una Fondazione.
Per questo sarebbe importantissimo creare una rete tra gli archivi italiani per vendere il nostro saper fare, un’eccellenza che parte da lontano e che tutti ci invidiano.
Ci sono molte opportunità per chi sceglie di intraprendere la professione di archivista?
Dal mio punto di vista sì. L’archivio è un ponte tra passato e futuro e ha bisogno di persone preparate che lo sappiano leggere. Servono archivisti specializzati e professionisti della comunicazione, giovani illustratori e creativi che possano mettere a disposizione le loro competenze per portare innovazione nel settore.
Penso ai siti, alle app e alla realtà aumentata, ma anche a tutto quello che c’è ancora da immaginare e utilizzare. Un archivista specializzato può fare da consulente ma anche preparare una persona in azienda che voglia imparare.
Diventa quindi anche una possibilità di reinventarsi se, ad esempio si conoscono bene i tessuti, e se si posseggono delle nozioni base di informatica.
Per il resto occorrono passione, pazienza, precisione; infine oggi non si può prescindere dalla conoscenza dell’inglese e un pizzico di intraprendenza che non guasta. Le opportunità ci sono, non aspettano altro che di essere colte.